7.0
- Band: OCEANS OF SLUMBER
- Durata: 00:56:26
- Disponibile dal: 13/09/2024
- Etichetta:
- Season Of Mist
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Ha passato momenti duri e potenzialmente annichilenti, la carriera degli Oceans Of Slumber, eppure la compagine americana si è sempre ripresa, pure in tempi abbastanza brevi, e si è rilanciata come meglio non avrebbe potuto. Se il disco omonimo del 2020 era stato una fragorosa ripartenza, dopo l’abbandono dell’intera line-up gravitante attorno al duo creativo Cammie e Dobber Beverly successivamente a “The Banished Heart”, “Starlight And Ash” si era contraddistinto come un capitolo spiazzante nella discografia della band: un rosario di canzoni tenui, metalliche solo fino a un certo punto, un distillato di emozionalità malinconica e pacata che relegava a ruoli marginali la prorompente pesantezza delle chitarre, gli influssi prog e tutto il corredo di metal moderno rombante e tipicamente americano che fin lì aveva modellato l’identità degli Oceans Of Slumber.
Un album artisticamente stupefacente, che dopo qualche perplessità iniziale dettata dalle tempistiche per nulla incalzanti e la poca immediatezza dei suoi contenuti, si rivelava come qualcosa di toccante, potente nella sua fragilità e molto profondo per come riusciva a comunicare un’emozionalità complessa attraverso un originale connubio di southern rock, blues, soul, crooning.
Una svolta che pare abbia un po’ spiazzato la casa discografica, in quel caso la Century Media, causando diverse incomprensioni tra le parti e un allontanamento a quel punto inevitabile. Riecco allora il gruppo sotto una nuova label, l’altrettanto importante Season Of Mist, e un deciso ritorno a una dimensione heavy e tonante con questo “Where Gods Fear To Speak”, in linea con quanto registrato fino al disco omonimo.
Come già accaduto in passato, la densità dei contenuti e la complessità di strutture e arrangiamenti è notevole, tant’è che inizialmente – e non è un affatto una novità con il materiale dei signori Beverly – si rimane un attimo confusi, perché arriva addosso tantissima musica, con forti ambivalenze stilistiche ed emozionali, e non è così facile comprendere per bene cosa il gruppo intenda esprimere. Risale infatti, prepotente, l’animosità prog della formazione, che riprende a tessere trame chitarristiche dure e vorticose, coadiuvate da ritmiche altrettanto impetuose e articolate. Ciò accade fin dall’efficace title-track, riportandoci nel solco di “The Banished Heart” e “Oceans Of Slumber”, con l’alternanza di potenza luciferina, arie maestose, gothic metal funambolico e strappi di pura brutalità.
Il rimbalzare tra un gothic metal progressivo flessuoso, pieno di grazia e atmosfere dolcemente malinconiche, e passaggi arcigni chiaramente death metal, con il growl a sporcare la matassa strumentale in modo vigoroso, rimane un punto focale per gli Oceans Of Slumber, anche se a nostro avviso questi contrasti non sono sempre il massimo, all’interno delle singole tracce.
Nonostante la presenza di alcuni ospiti di rilievo – Mikael Stanne dei Dark Tranquillity per “Run From The Light” e Fernando Ribeiro dei Moonspell per “Prayer” – e pure le incursioni della stessa Cammie su simili vocalità, il discorso funziona meglio quando è la duttile vocalità pulita della cantante a stare al centro della scena. Le parentesi in growl ci sembrano spesso eccessive, sovraccariche nei toni, mentre la voce femminile principale si destreggia benissimo sia su atmosfere candide e delicate, sia negli assalti metallici più estrosi e a ritmi palpitanti.
Detto questo, il songwriting è anche stavolta su buoni livelli, forse con qualche picco in meno che in altre occasioni, e la sensazione di essere in presenza di composizioni, come dire, più ‘conservative’ che in altri loro dischi. Non manca la varietà e non si ha la sensazione di pilota automatico inserito, questo sicuramente no, ma sono minori le occasioni in cui ci fanno provare suggestioni inedite.
Risaltano le occasioni in cui l’operato del gruppo è meno ‘massimalista’, si vola un poco più bassi e si resta su registri abbastanza pacati: le dolci effusioni di “Wish” e “The Given Dream” ad esempio, pur rimarcando che nei brani dal taglio più fastoso, opulento e dai tanti cambi di tempo e atmosfera gli Oceans Of Slumber continuano a fare il loro con pieno merito. Solo che lo fanno con una brillantezza leggermente inferiore di altre volte, o forse, semplicemente, utilizzano i medesimi espedienti senza aggiungere nulla di nuovo.
Per i fan della band “When Gods Fear To Speak” sarà comunque un album da assimilare con soddisfazione, apprezzando le rassicurazioni caratteristiche che hanno reso i texani un nome di un certo rilievo nel panorama metal americano attuale.