7.0
- Band: OCTOBER TIDE
- Durata: 00:51:43
- Disponibile dal: 25/03/2013
- Etichetta:
- Pulverised Records
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Per una volta non è necessario addentrarsi in percorsi labirintici per descrivere il tipo di suono di un album, perché “Tunnel Of No Light” è un disco che – come del resto è giusto che sia – si auto-definisce già a partire dal titolo. È da salutare con una certa gioia, questo nuovo lavoro dei doom-death metaller October Tide: a tre anni di distanza dal non proprio convincente “A Thin Shell”, i dubbi, le domande esistenziali e il pessimismo che da sempre caratterizzano le tematiche delle canzoni dei Nostri sfociano infatti in un album dai suoni ammalianti, che si rivela sin dalle prima battute complessivamente più pulsante ed ispirato del suo predecessore. Un’opera ben condita con tutti gli ingredienti del caso: dosi abbondanti di malinconia nel comparto melodico, riff secchi, voce urlante e disperata, amalgamati in un impasto sufficientemente sporco e spontaneo, che si annuncia appunto tale, senza possibilità di fraintendimenti, fin dalle note di apertura della tracklist. Il vecchio “Grey Dawn” e un po’ tutta l’esperienza di Fred Norrman con i Katatonia, soprattutto per la struttura circolare che caratterizza le musiche, sono nuovamente i numi tutelari, ma il chitarrista svedese, che oggi è stato raggiunto al basso dal fratello Mattias (ex Katatonia, Uncanny, Dellamorte, Interment), questa volta li rilegge con maggiore disinvoltura, facendo capire di essersi ormai scrollato di dosso gran parte di quella ruggine accumulata negli anni di lontananza da questo stile più duro. Fra i brani segnaliamo almeno l’iniziale “Of Wounds To Come”, sanguigna e malinconica allo stesso tempo, con un giro melodico “alla Norrman” in chiara evidenza, e la più solenne “Emptiness Fulfilled”, con percussioni rimbombanti che si alternano a paesaggi notturni disegnati da chitarre pulite ed un velo di synth. Notevole, inoltre, in tutti gli episodi anche la prova del nuovo cantante Alexander Högbom (Spasmodic, Volturyon), più espressivo e generalmente meglio calato nella parte di frontman doom-death rispetto al dimissionario Tobias Netzell. Sono certamente presenti un paio di tracce sottotono e qua e là si respira un pochino un’aria di ridondanza, ma la tracklist non perde comunque quasi mai occasione di catturarci col suo ritmo ripetitivo e di condurci in questo viaggio sulle orme di Norrman, qui nelle vesti di misterioso viandante solitario. Un ritorno, il suo, ben gradito e ampiamente apprezzabile.