7.5
- Band: OCTOBER TIDE
- Durata: 00:50:25
- Disponibile dal: 04/22/2016
- Etichetta:
- Agonia Records
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Sembrano passati secoli dall’esordio ufficiale degli October Tide: quel “Rain Without End” che sovente viene persino visto come un disco superiore al masterpiece dei Katatonia “Brave Murder Day”. Dalla consacrazione temporanea di “Grey Dawn” è passata un’altra vita, tra uno scioglimento e una reunion che ha visto il gruppo operare per lo più “part time”, apparentemente senza enormi ambizioni. L’altalentate come-back denominato “A Thin Shell” è ormai un ricordo, mentre il successivo e più convincente “Tunnel Of No Light” può essere visto come il vero antipasto di questo nuovo lavoro degli svedesi, prodotto da Sverker “Widda” Widgren (Demonical, Centinex, Diabolical) e pubblicato dalla sempre più intraprendente etichetta polacca Agonia Records. I tiepidi responsi ottenuti dai primi album post-reunion hanno rischiato di svuotare e scoraggiare la creatura di Fredrik “North” Norrman; prima di questo ennesimo ritorno il chitarrista ha deciso di isolarsi e di tornare a comporre in piena e totale autonomia, in nome del controllo assoluto. Partendo dagli spunti migliori di “Tunnel…”, Norrman e gli October Tide sono quindi riusciti a ricompattarsi e a sfornare quello che, dopo qualche attento ascolto, può tranquillamente essere definito uno dei loro lavori più completi e suadenti. Nell’ultimo anno e mezzo di album doom-death ne abbiamo ascoltati in grande quantità: la concorrenza oggigiorno è più che mai agguerrita, ma la band può pur sempre vantare un passato (remoto) di prima grandezza. Un passato che, se ben analizzato, può sempre rappresentare una decisiva fonte di ispirazione, almeno tanto quanto i fortunati trascorsi nei Katatonia. Come già accennato, con “Winged Waltz” il quintetto riprende e mette a fuoco alcune delle migliori idee di “Tunnel…”, rendendole in alcuni casi ancora più stranianti e notturne. In varie circostanze torna poi ad emergere il lato più corrosivo e combattivo degli svedesi, quello che in passato ha marchiato a fuoco tracce come “Grey Dawn” o “Heart of the Dead”. Il gruppo ci sbatte in faccia trame dolenti e allo stesso tempo cariche di rabbia, senza tirarsi indietro quando si tratta di ispessire il riffing di chitarra e lasciare spazio alla doppia cassa. Si tratta più di un rimpasto che di un’evoluzione, ma l’efficacia complessiva non è in discussione. Il vero merito di questi October Tide è aver reso il proprio sound più animato e mutevole: un animale che cambia pelle a seconda delle necessità, ora più sibillino, ora più brutale, ma senza snaturarsi. L’ispirazione di Norrman è tornata su buoni livelli, la resa sonora appare azzeccatissima, con delle chitarre mai così crude e pulsanti, e le “spalle” fanno finalmente un lavoro egregio: sentite la terrificante (in senso buono) performance del cantante Alexander Högbom, ad esempio! Insomma, tra scelte melodiche assai pregevoli, una indubbia spina dorsale death metal, capacità vocali in costante crescita ed un groove ammirevole, gli October Tide plasmano un ritorno più che apprezzabile; quello di cui avevano bisogno per tornare definitivamente a galla.