7.0
- Band: OFFICIUM TRISTE
- Durata: 00:41:02
- Disponibile dal: 06/09/2024
- Etichetta:
- Transcending Obscurity
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Gli Officium Triste, veterani della scena death-doom olandese, celebrano trent’anni di carriera con “Hortus Venenum”, il loro settimo album. Questa nuova opera conferma indubbiamente la coerenza del gruppo di Rotterdam, che nel suo percorso ha sempre preferito procedere a ritmi rilassati, puntando, per quanto possibile, sulla qualità anziché sulla quantità, quasi a voler replicare il mood compassato e malinconico della propria musica.
Sin dal debutto, la band ha abbracciato un sound atmosferico e dolente, con tratti romantici che non sono mai venuti meno nonostante il passare degli anni e il profondo cambiamento del panorama metal. “Hortus Venenum” continua su questa strada, senza deviare troppo dalle sonorità che hanno reso il sestetto un punto di riferimento per gli appassionati di questo particolare filone.
Bisogna dire che, rispetto agli esordi, le influenze dei My Dying Bride, sebbene ancora percepibili, oggi sono certamente meno dominanti. Con il passare del tempo, gli Officium Triste hanno provato a emanciparsi dall’ombra della triade Peaceville (comprendente anche Anathema e Paradise Lost), cercando di definire un proprio stile all’interno di parametri comunque molto tradizionali. Uscita dopo uscita, il gruppo ha costruito una sua solida identità all’interno del panorama europeo, diventando a suo modo un esempio, nonché una testimonianza vivente di una maniera di intendere queste sonorità che senz’altro ha vissuto tempi migliori, a livello di popolarità e presa sul pubblico. In questo senso, “Hortus Venenum” potrebbe tranquillamente essere un prodotto di venti o venticinque anni fa, nel suo ricordare anche le atmosfere di vecchie glorie conterranee come Orphanage e Celestial Season e nel richiamare alla mente i cosiddetti tempi d’oro del death-doom europeo.
In ogni caso, il nuovo album non è del tutto privo di novità o di evoluzioni sottili. Alcuni brani risultano infatti un po’ più compatti e ariosi rispetto agli abituali standard del repertorio, con talvolta una ridotta insistenza su certe sovrastrutture gothic (cori, violini, ecc) e sulle atmosfere più doom, a favore di una vaga vivacità che può ricordare alcune soluzioni dei Novembers Doom. Questa lieve evoluzione non tradisce comunque le radici degli olandesi, che rimangono saldamente ancorate a sonorità oscure e pesanti, con un innegabile tocco anni Novanta. In tal senso, gli Officium Triste dimostrano ancora una volta di saper maneggiare con cura un genere musicale che per molti altri è totalmente passato di moda, rimanendo uno degli ultimi puri portabandiera di una corrente musicale che ha visto tanti suoi storici protagonisti abbandonarla in modo più o meno plateale.
Certo, qualche passaggio può effettivamente risultare un filo troppo prevedibile e un certo immaginario lirico può suonare datato, ma, a ben vedere, è altrettanto vero che non spetterebbe a veterani come gli olandesi sperimentare e introdurre novità in questo campo. Per chi cerca nuove frontiere, l’attesa è per le nuove leve, se mai queste si decideranno ad arrivare. Nel suo, “Hortus Venenum” si dimostra dunque un ascolto piacevole, che conferma la passione intatta e l’autenticità della band alle prese con un ennesimo tributo a una stagione musicale ormai quasi dimenticata.