7.0
- Band: OKULAR
- Durata: 00:46:14
- Disponibile dal: 19/12/2011
Spotify:
Apple Music:
I norvegesi Okular si inseriscono nel filone techno-death recentemente rinverdito da realtà come Obscura e The Faceless, ma, al tempo stesso, riescono a conferire alla loro proposta una vaga aura epicheggiante che a tratti sembra voler strizzare l’occhio a certo black-death metal della loro terra e della vicina Svezia. Si tratta solo di accenni, ma ciò basta a far sì che la musica dei ragazzi non scada sempre in una mera riproposizione di stilemi altrui. Qualche uptempo più selvaggio del solito e alcune “smandolinate” del guitar-work paiono infatti di pura estrazione swedish e queste ultime ben si inseriscono in un calderone sonoro i cui ingredienti sono stra-noti a tutti gli amanti della tecnica e delle velleità progressive applicate al metal estremo. Su tutto aleggia lo spettro dei Death e dei Pestilence di metà carriera, ma, come accennato, queste trame vengono rilette con l’orecchiabilità e il dinamismo cari a formazioni più recenti come quelle menzionate in apertura. In alcune tracce, il vocalist Marius S. Pedersen cerca tra l’altro di aprirsi a un “pulito” maggiormente espressivo, in modo da donare alla musica ulteriori spezie, proprio come ultimamente è avvenuto in casa Obscura/The Faceless. I risultati, però, si rivelano meno pregiati di quelli prodotti dai colleghi degli Okular: questo tipo di aperture melodiche a volte appaiono vagamente stucchevoli e fanno perdere un po’ troppa intensità e “spinta” alle composizioni. Preferiamo insomma gli Okular che pigiano il piede sull’acceleratore: quando ciò avviene, i ragazzi si assestano su registri non così dissimili da quelli dei nostri Gory Blister e si fanno ascoltare con molto piacere. La title track, in particolare, è davvero un gioiellino di death metal tagliente e melodico. Valide anche numerose altre tracce, ma, come dicevamo, ci si imbatte pure in qualche passaggio poco funzionale che alla lunga fa perdere un po’ di entusiasmo. Buona, comunque, la prova degli Okular, che, pur facendo tutto da soli (il disco è un’autoproduzione), sono riusciti a presentarsi al pubblico con un’opera complessivamente curata e godibile. Li aspettiamo completamente maturi a breve.