7.5
- Band: OKULAR
- Durata: 00:36:17
- Disponibile dal: 07/06/2024
- Etichetta:
- Regenerative Productions
Spotify:
Apple Music:
Dopo Dååth e Trail Of Tears, anche i norvegesi Okular rifanno capolino in questa primavera 2024 con un nuovo album di inediti, a distanza di più di un decennio dalla precedente uscita discografica.
Fondati nel 2009 da Andreas Aubert, principale compositore, chitarrista e seconda voce, giungono con questo “Regenerate” al fatidico terzo disco ufficiale. Le coordinate stilistiche spaziano dal death melodico a quello progressivo, facendo riferimento ai pionieri Death e Pestilence, ma anche a gruppi più recenti come Gojira e Obscura.
Ad accompagnare il mastermind Aubert troviamo il cantante Fredrik William, il bassista Eyvind Wærsted Axelsen, il chitarrista Marius Skarsem Pedersen, che ha contribuito attivamente in fase di arrangiamento, e il batterista Bjørn Tore Erlandsen, al quale Aubert ha dato carta bianca per quanto concerne la composizione delle sue parti, all’interno di un processo quindi più collaborativo rispetto al passato. L’album esce per la Regenerative Productions, etichetta dello stesso Aubert, quindi si può dire che è tutto fatto in casa, ma in maniera assolutamente professionale: la qualità tecnica non ne risente.
L’opera si apre con “Back To Myself And Beyond”, ottimo biglietto da visita che riassume quanto fatto finora dagli Okular e presenta il nuovo disco, con un piede ben piantato nella tradizione e l’altro proiettato nel contemporaneo; riuscite le armonizzazioni di chitarra, come anche la voce growl, la quale cede il passo al cantato semi-pulito che nel finale scandisce ripetutamente il titolo del pezzo.
La successiva è la title-track “Regenerate”, una vera e propria hit, molto debitrice del death melodico svedese, mentre la seguente “That Which Matters” è meno pirotecnica ma si fa apprezzare anch’essa per la capacità di andare dritta al sodo nei suoi appena due minuti di durata.
Con la quarta “A New Path” si entra invece nel vivo dell’album con un pezzo più flemmatico introdotto dalla chitarra acustica e dalla voce pulita, che può rimandare nella struttura a qualcosa degli Obscura, così come anche la successiva “Wake-Up Call’ è di più ampio respiro, benché più rabbiosa, e ricorda i Death di metà carriera; più moderna invece, in virtù delle ritmiche groovy e dell’alternanza pulito e growl, la sesta “Peace Through Chaos”. È la volta poi di una strumentale molto classica, “Debauchery”, che spezza il ritmo dell’album e introduce “Another Dimension Of Mind”, dove i due cantanti ripercorrono col growl e il cantato pulito quanto Joe Duplantier fa nei Gojira, e anche musicalmente è una delle composizioni più vicine al gruppo della Francia meridionale. Il finale è lasciato a “Elevate”, pezzo in gran parte acustico con un finale elettrico molto epico e solenne.
I testi hanno come tema principale l’affermazione del proprio autentico io, contrapposto a quella che viene vista come una maschera di conformità imposta dalla società in cui viviamo: l’obiettivo degli Okular è sollecitare l’ascoltatore a prendere in mano le redini della propria esistenza e andare oltre le restrizioni imposte dalle convenzioni sociali, in un percorso di crescita e affermazione personale che dall’interiorità spinga all’azione costruttiva contro i rigidi e disfunzionali schemi imposti dall’esterno.
Se il primo album “Probiotic” viveva di un approccio melodico al death metal di estrazione scandinava e il secondo “Sexforce” introduceva il groove e alcune dissonanze di scuola Meshuggah, questo terzo “Regenerate” mette ordine alle varie influenze e presenta un gruppo in ottima forma, capace di bilanciare aggressività e ricerca armonica e di lanciarsi in digressioni progressive senza annoiare l’ascoltatore. Un gradito ritorno che non tocca le vette dell’eccellenza, ma si fa apprezzare per caratura tecnica, professionalità e approccio originale alla composizione.