6.5
- Band: OLD FOREST
- Durata: 00:55:34
- Disponibile dal: 23/04/2021
- Etichetta:
- Death To Music Productions
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La storia degli inglesi Old Forest comincia alla fine del secolo scorso, quando la cosiddetta seconda ondata di black metal (per molti versi quella più autentica rispetto agli stilemi del genere) aveva già dato il meglio di sé e in parte si preparava a diventare altro. Ecco perché un dischetto tutto sommato buono come “Into The Old Forest” è rimasto completamente misconosciuto. I fondatori Kobold e Beleth si sono presi una pausa di quasi un decennio, per tornare con una serie di lavori – tra i quali si annovera anche una nuova versione del primo album, interamente risuonato per l’occasione – che hanno innovato lo stile prettamente anni ‘90 degli esordi, inserendo elementi doom, death melodico e vicini al pagan, senza però riuscire mai a catturare l’attenzione del pubblico.
Dal 2017 alla line-up si è aggiunto il batterista Kobro, lasciando Kobold (al secolo James Fogarty) libero di concentrarsi unicamente su voce e tastiere. Anders Kobro è l’unico membro fondatore rimasto dei norvegesi In The Woods…, band nella quale Fogarty è entrato nel 2016. Questo sodalizio artistico spiega sicuramente il piglio progressive e l’utilizzo diffuso del cantato pulito, che si alterna allo scream, di questo disco e dei suoi immediati predecessori. “Mournfall” si compone di otto brani, ai quali si aggiungono in coda quattro tracce bonus, tratte da un demo del 2001. La differenza tra i due lavori è evidente: i brani risalenti a vent’anni fa hanno una struttura e suoni più grezzi, e stilisticamente sono riconducibili ad un black metal sporco, benché atmosferico, con momenti vicini al black’n’roll e accenni industriali, in particolare nei filtri usati sulla voce. Questo vale in particolare per “The Raven Looks On” e “Sussex Hell Hound”, i brani più crudi e interessanti dell’intero lavoro, mentre “Black Alchemist” presenta già qualche elemento che verrà sviluppato successivamente e la conclusiva “Serpent & Saint” è un brano completamente atmosferico (e un po’ noioso).
Per quanto riguarda il materiale registrato per “Mournfall”, è stilisticamente vicino al suo predecessore, e quindi decisamente più morbido e aperto a contaminazioni, con risultati alterni: se l’opener appare piuttosto debole, l’incedere gotico di “My Haunting Vision”, che molto deve ai conterranei My Dying Bride, è piacevole. Il problema generale è che le composizioni risultano deboli, probabilmente perché mancano una linea stilistica chiara e un’identità forte, quindi accanto a parti interessanti, come le chitarre e le voci pulite in “Shadows Immemorial” ci sono elementi che non convincono, in primis le tastiere, ma anche – paradossalmente – le parti più tirate e vicine al classico black metal. Il risultato finale è confuso e poco incisivo, ragione per la quale, a meno che non siate fan della band non vi consigliamo di prestare particolare attenzione a questo lavoro, che purtroppo non va oltre l’essere discreto.