7.0
- Band: JON OLIVA
- Durata: 00:56:51
- Disponibile dal: 21/06/2013
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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“Raise The Curtain” non è un nuovo disco dei Jon Oliva’s Pain, ma trattasi invece di un primo disco solista vero e proprio del famoso frontman di quella mitica band che erano i Savatage. Fatta questa prima doverosa precisazione, passiamo subito ad affrontare ciò che si è rivelato il nostro nemico numero uno durante tutti i numerosi ascolti dedicati a questo lavoro: le aspettative. Inutile girarci intorno o mentire a se stessi: chi, anche tra voi, nel vedere la sontuosa copertina con il pianoforte e la chitarra di Criss non ha pensato subito alle copertine, allo stile dei vecchi Savatage? Ci immaginiamo ben poche mani alzate. E’ giustificabile quindi il fatto di avvicinarsi a quest’album con appunto aspettative un po’ particolari, forti di una sensazione (giustificabile anch’essa) che ci fa pensare che qui troveremo qualcosa di diverso dai JOP, anche perché altrimenti non ci sarebbe sembrato troppo sensato cambiare il monicker. E in effetti qualcosa di molto diverso ascoltiamo in queste undici tracce, una musica che non è in linea con i lavori recenti di Jon Oliva’s Pain e non bada nemmeno a ritornare troppo pesantemente sul sound dei vecchi album dei Savatage. Un po’ spiazzati? Vi assicuriamo che lo siamo stati anche noi nel sentirlo. L’introduzione al disco è infatti affidata alla traccia omonima, un masterpiece di rock progressivo (davvero!) quasi completamente strumentale, che alterna alcuni cori di classica matrice Oliva a lunghi passaggi strumentali alle tastiere e all’Hammond. Il suono è molto settantiano, e lo stile esecutivo ricorda a tratti Clive Nolan e a tratti Rick Wakeman, quelli di lavori solisti come “Jabberwocky” del ’99. L’interruzione a queste atmosfere così atipiche ci arriva in corrispondenza della seconda traccia, una battagliera “Soul Chaser” che si piazza a metà tra il sound corposo dei JOP e l’aggressività dei Savatage di “Hall Of The Mountin King”. La voce di Re Jon graffia in questa traccia, e non perde grinta nemmeno nella successiva “Ten Years”, pezzo un po’ più scialbo che abbraccia maggiormente il sound JOP di cui parlavamo prima.”Father Time” ci spiazza di nuovo perché propone, su una base indiscutibilmente hard, degli input rock/jazzistici assolutamente inaspettati: l’Hammond alla Jon Lord si snoda imperioso per tutto il pezzo, convincendoci che se questo brano fosse stato cantato da Gillan, e non da Oliva, non avrebbe stonato sull’ultimo “Now What?” dei Deep Purple. La ballad “I Know” non ci parla di alcuna band in particolare ma solo dell’amore di Jon per i lenti al pianoforte, e scorre piacevole sulle nostre orecchie. “Big Brother” e “Armageddon” rappresentano il lato più duro dell’album, riprendendo il metal elegante e di classe delle due band rese grandi dal corpulento compositore; ma a colpirci di più è ancora una volta una ballad, quella bellissima “Soldiers” che ci regala pianoforte e fiati in quantità, facendoci sognare i tempi di “All That I Bleed” per cinque minuti. E se “The Witch” ci rappresenta un ultimo squarcio di puro metal prima della chiusura dell’album, troviamo ancora spazio per due inaspettati jolly quali la blueseggiante “Can’t Get Away”, veramente particolare, e per le aperture orientaleggianti di “Stalker”. Che dire? Non è un nuovo album dei Savatage, è vero, ma a questo punto ci chiediamo: avrebbe senso? Per sua natura, la band floridiana ha sempre sfuggito ogni tentativo di definirne in maniera univoca il suono. E se quindi ora tra i fan c’è chi pregherebbe perché Oliva componesse adesso un successore del grandissimo “Hall Of The Mountain King”, altrettanti ne possiamo trovare che pagherebbero per un secondo “Streets”, o anche per un più concreto e metallico seguito di “Edge Of Thorns”. I Savatage, ma Jon soprattutto, sono sempre stati così: incapaci di autoingabbiarsi in uno stile strutturato e ripetibile. E’ sempre stata l’ispirazione (o la ‘non-ispirazione’, se ricordiamo l’orribile “Fight For The Rock”) a muovere la penna scrivente della musica dei Savatage, ed è forse per questo che tanti fan hanno come album preferito dei Savatage un disco ogni volta diverso. Se vogliamo identificare nell’ispirazione e nella creatività i tratti caratteristici del songwriting di Jon Oliva, possiamo tranquillamente dire che “Raise The Curtain” sia un centro pieno. Un album sognante e sincero, spinto forte in avanti dagli impetuosi venti di una vena creativa che evidentemente ancora non si è spenta. Un album quindi molto buono, il cui unico difetto è quello di mancare di un brano epocale, di quelli in grado di gareggiare con l’ingombrate eredità artistica del suo stesso creatore. Per contro però, qui non c’è scappato nemmeno un attimo di noia.