7.5
- Band: OMEGA INFINITY
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 27/03/2020
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Entrano a gamba tesa gli Omega Infinity con “Solar Spectre”, opera prima nella quale questo duo tedesco-australiano si cimenta nello scandagliare le terrificanti volte del nostro sistema solare. Con brani dedicati uno per uno ai vari pianeti che lo compongono, il concept è molto meno romantico di quanto certa letteratura ci ha fatto sognare nel tempo; non emozionanti traversate spaziali, ma mistico terrore, descrizione violenta e asettica del nulla che avvolge i pianeti. Il progetto vede a tutti gli strumenti la mano di Tentakel Parkinson dei blackster tedeschi Todtgelichter, coadiuvato dalla voce di Xenoyr dei Ne Obliviscaris, e ciò che viene fuori da questo connubio è un lavoro ragguardevole per intenti ed effettiva esecuzione.
Siamo di fronte a un black metal che rivede in chiave aggiornata quanto visto in Scandinavia nei primi ’90, riuscendo a disegnare un’unione completa con i rimandi immaginifici del fil rouge lirico, grazie anche ad un apporto delle tastiere davvero ben studiato per il tema. Il letto di blast beat che va per la maggiore durante “Solar Spectre” è asettico, crudo, sembra essere un trait d’union tra i brani così come immoto eppur mai immobile è quanto ci circonda nello spazio più profondo. Necessita di qualche ascolto per essere davvero capito questo album, ma una volta fatte proprie le trame che si nascondono dietro la cacofonia che a primo acchito ci rapisce, si riesce a percepire il senso di angoscia, di soffocamento, che gli Omega Infinity vogliono farci provare con le loro molteplici diramazioni.
A livello d’immagine siamo più dalle parti di Kubrick o Tarkovskij che di “Star Wars”, per intenderci: tutto accade, ma coi suoi tempi, senza luci e raggi laser, solo il mesto rumore di pianeti e del nostro respiro che si fa sempre più corto, il tutto ben celato dalla superficiale violenza sprigionata dai brani. Le canzoni, per l’appunto, nascondono note industrial e death che si fanno strada con ripetute fruizioni, con vocals che passano da feroci scream a ieratici canti puliti (questi ad opera di Christian Kolf dei Valborg), con pure qualche piccolo momento di respiro (è il caso di “Jupiter”, che rallenta i bpm e ancor più, di “Neptune”, brano di passaggio arricchito dalla voce di Marta, pure in forza nei Todtgelichter). Chiude una buona cover dei Killing Joke, “Hosannas From The Basement of Hell”, presente nella versione digipack, piuttosto fedele all’originale. Siamo di fronte ad un lavoro molto buono, forse un tantino di maniera, che ha tutte le carte in regola per fare breccia negli amanti di un certo tipo di sci-fi e che pur non essendo certamente per tutti, si pianta tra i migliori lavori in ambito estremo a tema spazio ignoto.