7.5
- Band: OMEGA INFINITY
- Durata: 00:57:31
- Disponibile dal: 24/02/2023
- Etichetta:
- Season Of Mist
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Presentatisi al mondo portando peste e distruzione dai vari pianeti del sistema solare con il primo “Solar Spectre”, tornano gli Omega Infinity; non pago del carico impietoso di black metal dal sapore fantascientifico scagliato contro gli ascoltatori con il debut album, infatti, il duo australiano-tedesco irrompe con una propria versione del terrore cosmico e porta, con “The Anticurrent”, un’ondata nera di violenza atta a descrivere in qualche maniera il vuoto eterno scandito dal Tempo, scritto con la maiuscola, protagonista supremo di questo disco.
Dal Big Bang al caos seguito dalla nascita dell’universo, passando per gli albori dell’umanità e il picco della civiltà sino all’inesorabile fine cosmica: il senso di stupore aumenta ad ogni ascolto di “The Anticurrent”, perché ancor più che nel primo album Tentakel P. (tutti gli strumenti) e Xenoyr (voce, come anche negli Ne Obliviscaris) alzano l’asticella di un black/death metal capace di evocare il caos totale, un cataclisma continuo che aggredisce l’ascoltatore con l’inserimento di evocazioni industrial e sprazzi di elettronica tetri e capaci di esaltare – senza coprire – l’intera operazione, così come le tastiere che, invece di andare a seguire schemi facili di immaginare, prendono vita e avvolgono il resto della massa musicale in maniera inaspettata e irresistibile (un esempio ne sia l’opener “The Alpha” o “Voices From The End Of Time”, rispettivamente sette e dodici minuti di violenza e misticismo).
Il disco è, come intuibile, piuttosto eclettico e pieno di aperture pur nella propria allure di soffocante claustrofobia (“Iron Age”, con il suo intermezzo, “Banish Us From Eden” con le sue arie progressive). Da segnalare la presenza di voci femminili, ospiti melodiose (come Adrien Cowan dei Seven Spires in “Iron Age”) o ieratiche, come Lindsay Schoolcraft – ex Cradle Of Filth, in “Death Rays”; ospitate capaci di aumentare ancor più il disorientamento durante la quasi ora di durata di “The Anticurrent”, così come aumenta il senso quasi ipnotico scaturente dalla scrittura degli Omega Infinity. Come nel debut, anche qui sono presenti due cover, “Night Journey” dei Sear Bliss e “Ye Entrancemperium” degli Emperor, ma francamente, sebbene ben fatte e pur trovando il loro posto all’interno della proposta, potevano anche non essere presenti. Insomma, un viaggio nella storia del Tempo, metal estremo che trova la sua ragione d’esistere all’interno di un contesto spaziale, il suono di mille buchi neri che si divorano, per un disco, in definitiva, decisamente consigliato ai più curiosi ascoltatori di metal estremo là fuori nonché a chi vorrebbe provare a svecchiare i propri ascolti.