8.5
- Band: ONE MINUTE SILENCE
- Durata: 00:57:31
- Disponibile dal: 10/04/2000
- Etichetta:
- V2 Records
- Distributore: Universal
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One Minute Silence, un nome che ai più, oggigiorno, suonerà desueto, obsoleto, dimenticato, morto, silenziato. Un nome la cui stella cometa si è esaurita e spenta fin troppo presto, nel pieno di una maturazione di carriera ancora prepotente e – chissà ormai quanto? – potenzialmente vincente. Un nome eclissatosi e tramontato tra le nebbie del tempo che scorre e non ricorda. Ebbene, noi oggi vogliamo rendere giustizia a questo nome, semplicemente rammentandone le migliori gesta.
Lo split inatteso avvenne pochissimo dopo la pubblicazione del terzo, e quindi ultimo, full-length album, “One Lie Fits All”, che spingeva la band d’Albione ancor più verso lidi maturi, trasversali e pacati, pur mantenendo quell’approccio stolidamente rap-metal e/o nu-metal che l’aveva resa magistrale nel passato prossimo d’allora. Era il 2003 e gli One Minute Silence si suicidavano dopo solo otto anni dalla loro fondazione. Nel 1995, infatti, il vocalist irlandese Brian Barry, noto a tutti come Yap, forma con il chitarrista londinese Chris Ignatiou i Near Death Experience, che saranno costretti a cambiare presto monicker in One Minute Silence per un caso d’omonimia. One Minute Silence, un minuto di silenzio: sì, esattamente perchè in quel minuto di silenzio, solitamente riservato alla commemorazione di personalità importanti decedute, i Nostri ci vedevano tutta la falsità e l’ipocrisia del mondo. Assoldati il gibilterrino Glen Diani al basso super-funky e l’altro londinese Edwin ‘Eddie’ Stratton alla batteria, nel 1998 il debutto “Available In All Colours” è un fulmine a ciel sereno: prodotto da Machine, noto negli ambienti hip-hop, il disco è una granata esplosiva di rap-metal corrosivo, anarchico e di protesta anti-sistema, che spopola nelle disco-rock di tutta Europa con almeno tre-quattro brani da rotazione fissa – parliamo di tracce (“A More Violent Approach”, “South Central”, “For Want Of A Better World”, “And Some Ya Lose”) che in quegli anni tenevano tranquillamente il passo di formazioni ancora oggi idolatrate quali System Of A Down, Deftones, Korn, Linkin Park, per non parlare delle chiarissime influenze Rage Against The Machine e Red Hot Chili Peppers, per questi ultimi in particolar modo nelle ficcantissime linee di basso sempre poste in primo piano.
Nel 2000, però, solo due anni dopo – e arriviamo finalmente al disco protagonista di questo Bellissimo – gli OMS cambiano decisamente approccio, sebbene non del tutto. Cambiano sicuramente un paio di cose fondamentali: Ignatiou lascia il gruppo e al suo posto viene piazzato Massimo ‘Massy’ Fiocco, un italiano trapiantato a Londra che porta idee chitarristiche nuove e più adulte per lo stile sempre dinamico e tellurico della band; a produrre il secondo disco, “Buy Now…Saved Later”, viene poi chiamato un certo Colin Richardson (dobbiamo dirvi chi è/cos’ha prodotto?), che chiaramente sposta il range del sound degli One Minute Silence verso coordinate più metalliche: chitarroni più pesanti, batteria più piena, basso sempre in rilievo ma più organico e meno funkeggiante, effettistica sulla voce più limitata ma più incisiva e, infine, un’atmosfera più sinistra, cupa, dolceamara ed inquietante; tutte soluzioni che rendono “Buy Now…Saved Later” un grande disco di rap-metal/nu-metal dalle tinte quasi progressive, assolutamente appetibile dal metallaro anche estremo che in quegli anni apprezzava comunque le derive danzerecce presenti in ogni dove ed un po’ meno affascinante, però, per chi invece bazzicava le sonorità pesanti solo per muovere il culo il sabato sera alla ricerca del nuovo singolo su cui sgambettare. E difatti, delle tracce contenute in questo lavoro, nessuna diventerà una hit da discoteca…
Eppure i quattordici brani che ne formano la tracklist, prendendo spunto da RATM e SOAD, dai Machine Head a cavallo tra “The More Things Change…” e “The Burning Red”, da Biohazard e Stuck Mojo, da Downset e ancora Red Hot Chili Peppers (sempre per gli spaccati più funky-rock dettati dal quattro corde di Diani), sono di una validità assoluta, senza nessuna esclusione: si passa dai più adrenalinici “1845”, “A Spoonful Of Sugar” e “Food For The Brain” alle costruzioni azzardate e atipiche di “16 Stone Pig” e “If I Can Change”, dai riffoni sbilenchi e le dissonanze di “210 Dog Years” e “Roof Of The World” fino a giungere ai prodromi di quella che poi sarà l’evoluzione di “One Lie Fits All”, ovvero “Fish Out Of Water” e la conclusiva “Words”, dai vaghi tratti da rock ballad introspettive.
Autodefinitisi un gruppo di persone politicizzate che suonano assieme, e non una band politicizzata, gli One Minute Silence hanno sempre portato avanti, perlomeno nella loro breve e travagliata esistenza, il verbo dell’anarchia anticapitalista, dell’anticonformismo contro il sistema, battagliando in musica a furia di slogan e concerti ipervitaminizzati. Un peccato davvero, l’averli persi prematuramente; e, nonostante il gruppo sia formalmente rinato nel 2011 ed abbia sparato fuori qualche poco convinta cartuccia, la magia vera è finita da tempo, la rabbia si è esaurita ed è scemata consumandosi in fretta, lasciandoci soli nelle nostre battaglie quotidiane, con in mano una manciata di braci fredde e tanti minuti di silenzio su cui riflettere.
“Buy Now…Saved Later”, un disco enorme, ancora attuale, premonitore e di critica arguta e tranciante. Bellissimo.