ONE WITH THE RIVERBED – Succumb

Pubblicato il 28/10/2024 da
voto
7.0

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Dal Michigan arrivano, incerti e sofferenti come gli ultimi sondaggi presidenziali in quello stato, gli One With The Riverbed, nati nel 2017 a Kalamazoo ed ora autori di “Succumb” (Dusktone), secondo passo discografico importante che segue di quasi tre anni il debutto su lunga distanza di “Absence”.
La direzione musicale della band è sempre stata fedele, sin dagli esordi, ai canoni di un post-black metal dai toni atmosferici, a tratti persino melodrammatici: anche il nuovo album non cerca, almeno nella sua prima parte, di deviare dal cammino tracciato da “Absence”, preferendo la qualità effettiva delle canzoni alle novità; si pensi in proposito al singolo “Infested”, posto in apertura con un furioso scream poggiato su una tessitura accattivante di chitarre elettriche (in un approccio simile a quello degli Harakiri For The Sky) a segnare il passo della band, come già faceva nel precedente lavoro la riuscita “Thaw”.
Il quintetto mostra di saper lavorare con cura e dedizione la materia da cui la sua musica prende avvio: così, il maestoso black metal americano degli Wolves In The Throne Room di “Resolute”, e l’amore per gli interludi malinconici che anima i Panopticon in “Purified” (per chi ne scrive, se non il brano più riuscito del lotto, sicuramente quello più intrigante, con gli eleganti cambi d’umore dettati dalla sezione ritmica), non passano certo inosservati.
Gli One With The Riverbed non nascondono neppure l’ammirazione che provano per  Deafheaven e Ghost Bath, il cui romanticismo struggente pervade “Adaptation” e si insinua negli eleganti break arpeggiati che spezzano un’incalzante “Dominion” ed il suo riff reiterato; intendiamoci, i cinque sono onesti nel mostrare i binari stilistici lungo cui si muovono, però passati trenta minuti il loro gioco diventa un po’ prevedibile.
In questo contesto, il terzetto di brani che occupano la seconda parte dell’album risulta sorprendente perché, pur non proponendo cambi di rotta disorientanti, si alzano posta e minutaggio, per mostrare all’ascoltatore la capacità della band di riuscire a muoversi lungo i confini della struttura tradizionale di una canzone e oltre, lasciando che la ferocia che inizialmente contraddistingue i pezzi si contamini fino a stingersi; questo avviene attraverso l’uso di pacati toni psichedelici (“Erode”) e lunghi passaggi shoegaze (“Burden” e la finale “Sunlight”, in grado di riprendere in un colpo di coda le fattezze black solo per poi svanire in dissolvenza).
“Succumb” è quindi un disco curato e sicuramente piacevole, a cui tuttavia manca ancora quel poco di personalità necessario per distinguersi all’interno della nutrita scena post-black metal che si ispira agli stessi musicisti di cui gli One With The Riverbed seguono i passi.
In attesa di eventuali evoluzioni accennate da pezzi come “Burden” o “Purified”,  gli amanti di questo genere potranno comunque ottenere diverse soddisfazioni nell’ascolto.

TRACKLIST

  1. Infested
  2. Dominion
  3. Resolute
  4. Purified
  5. Adaptation
  6. Erode
  7. Burden
  8. Sunlight
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