7.0
- Band: ONSLAUGHT
- Durata: 00:37:54
- Disponibile dal: 07/08/2020
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Stando alle voci di chi, lo scorso febbraio, partecipò allo show degli Onslaught nel corso dell’annuale edizione dell’House Of Metal Festival di Umea in Svezia, il fatto che sul palco, al posto di Sy Keleer, ci fosse tal David Garnett, già compagno del drummer James Perry nei Bill-Riff Stampede, non portò grandi scossoni alla qualità vocale dell’intero set. Anzi, alcuni non si accorsero immediatamente della sostituzione microfonica, avvenuta last minute, tanto erano simili le voci dei due interpreti. Un live che, a conti fatti, e cioè dopo la dipartita dello stesso Sy avvenuta a fine aprile, può essere considerato il debutto ufficiale di Garnett a bordo della band di Bristol. Un cambio in corsa avvenuto proprio mentre le registrazioni del qui presente “Generation Antichrist” erano praticamente giunte al termine.
Ma, se dal vivo, come detto, grosse differenze d’ugola sembrerebbero non essercene state, più di un dubbio invece dobbiamo sollevare circa l’operato in studio del neoarrivato. Ciò che infatti si è consolidato a livello strumentale, confermando ancora una volta il mix letale di ritmi martellanti e riff maligni messo in atto dal gruppo capitanato da Nige Rockett, è stato in parte smantellato proprio dalla performance del nuovo cantante. Se, infatti, il timbro vocale è quello che si confà al genere, seguendo a grandi linee le frequenze di chi lo ha preceduto, ciò che balza all’orecchio dopo un paio di pezzi è una generale carenza interpretativa; pecca che ha inciso sulla resa globale di un full-length comunque pesante ed efficace come un macigno. Brani siluro come “Strike Fast Strike Hard”, su cui ruggisce in lungo e in largo la sezione ritmica firmato dalla coppia Williams-Perry, perdono infatti di grezzume e violenza nel momento stesso in cui Garnett non riesce a dare il giusto impatto alle vibrazioni sguinzagliate da Rockett e compagni. Una nota dolente che supera il mero confronto con il vecchio frontman ma che tuttavia, vista l’occasione, ci porta a sottolineare come il divario tra i due sia abbastanza palese.
Vi è comunque un secondo aspetto da prendere in considerazione, che non ha sicuramente giovato alla prestazione del nostro David: il songwriting, infatti, non brilla certamente d’inventiva anzi, in alcune occasione (vedasi “Religiousuicide”) si raggiungono passaggi scarni e poco ispirati; va bene la trama antireligiosa, ma ci si aspettava una maggior vena creativa in tal senso. Difetti che si stagliano qua e là lungo tutti i dieci brani di “Generation Antichrist”: dalla tellurica titletrack, alla depositaria “All Seing Eye” sino alla micidiale “Addicted To The Smell Of Death”. Ma non solo, in chiusura di album, quasi a voler rimarcare la sfida tra passato e presente, gli Onslaught ci piazzano quella “A Perfect Day To Die” già registrata e pubblicata a marzo dello scorso anno quando in cabina di regia vi era ancora Keeler. Cosa aggiungere? Dopo sette anni di silenzio, il comeback del combo inglese era più che atteso, anche perché le voci di una nuova release circolavano ormai da tempo. “Generation Antichrist” mitraglia al punto giusto e fa sì piacere, come detto, sopratutto dal punto di vista prettamente musicale; più di una riserva invece si abbatte sul comparto lirico/vocale: tutto ciò in attesa di poter nuovamente rivedere gli Onslaught sui palchi nostrani.