8.0
- Band: ONSLAUGHT
- Durata: 00:39:04
- Disponibile dal: 20/09/2013
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Sesto album per gli inglesi Onslaught, gruppo che dal ritorno in scena avvenuto nel 2004 non ha sbagliato un colpo, scrivendo album degni di stare accanto ai primi due lavori (“Power Of Hell” e “The Force” editi a metà degli anni ‘80), seminali per il thrash metal. A corto di idee per il titolo dell’album, fortunatamente gli inglesi non lesinano idee e soluzioni a livello musicale in questi quaranta minuti di thrash metal diretto, senza fronzoli e con qualche divagazione controllata, con il solito concentrato di groove per il risultato finale che vede “VI” un CD di cui tenere conto nelle valutazioni di fine anno per i migliori dischi in ambito thrash. Maestri delle ripartenze, gli inglesi anche questa volta hanno scritto le solite canzoni-mazzate, che rispondono ai nomi di “Chaos Is King”, “Enemy Of My Enemy” e “Slaughterize”, quest’ultima dominata dal coro “Killing is my aim in life – Killing is my way of life!”. A questi episodi, rapidi e trascinanti nel loro veloce incedere, si alternano i brani più cadenzati e carichi di groove, il rovescio della medaglia Onslaught. I titoli di questi pezzi sono “Cruci-Fiction”, “Dead Man Walking” e la fantastica “Fuel My Fire”, dove le chitarre seguono coordinate svedesi in larghi tratti, decisamente una novità in casa inglese. Un coro arabeggiante apre “Children Of The Sand”, l’esperimento dell’album. Ma tranquilli: seppur arrangiato con voci femminili e tastiere, il brano mantiene la sua possanza, carico di groove com’è anche se, a tratti, non sembra di ascoltare gli Onslaught. Per il resto è tutto un percuotere, tutto un costruire con le chitarre il momento in cui inizierà la danza percussiva, quell’incedere pesante e ritmato che noi asseconderemo con la testa nel più naturale dei movimenti del metallaro. Oppure è un contorcersi sulle intricate trame di chitarra che filano veloci ma poi si fermano, poi si allungano e ritornano al punto di partenza. Con dei suoni che risultano fin troppo puliti e che vanno alimentando una discussione già corposa sulla diatriba analogico-digitale, gli Onslaught immettono sul mercato l’ennesimo album di thrash metal ben fatto, rendendone imprescindibile l’ascolto ad ogni estimatore del genere. Sic et simpliciter.