6.0
- Band: OPERA IX
- Durata: 00:51:04
- Disponibile dal: //2009
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Halidon
Non sappiamo se “The Black Opera” degli Opera IX sia o meno il loro migliore lavoro, in quanto probabilmente “Sacro Culto” non gli è inferiore, ma di certo è l’album più ambizioso che i piemontesi abbiamo mai composto. Il lavoro esce nel 2000 e fotografa una band in piena transizione dal black tout court ad una proposta più ricca e sofisticata. Le sovrastrutture utilizzate da Ossian e soci sono imponenti: cori e controcanti a sostenere le vocals di Cadaveria, tastiere a tappeto che bilanciano l’aggressività delle sei corde, arrangiamenti mai così pesanti e corposi. Tutto questo al servizio di un concept esoterico nel quale i ragazzi si calano completamente. La musica contenuta nelle sei composizioni originali (il settimo brano infatti è una cover dei Bauhaus) è estremamente complessa ed articolata: brani quali l’iniziale “The First Seal” o “Congressum Cum Daemone” si aggirano intorno ai dieci minuti di durata e ci mostrano una band che padroneggia ottimamente il songwriting e rifugge i canoni classici della forma canzone, preferendo strutture più aperte e progressive. Probabilmente l’apice qualitativo del lavoro (e, per chi scrive, dell’intera carriera della band) è la splendida “Carnal Delight In The Vortex Of Evil”, dove il black si sposa meravigliosamente con la melodia e la grandeur sinfonica. Da segnalare la performance esemplare di Ossian alla sei corde, capace di alternare riffing glaciale con assoli melodici con grande disinvoltura. Sebbene tutta la band si esprima su livelli piuttosto alti, è assolutamente da incorniciare la performance di Cadaveria, che riesce ad esaltare dal primo all’ultimo vocalizzo, mostrando anche di saperci fare con le clean vocals e non solamente con lo screaming selvaggio. Insomma, escludendo la sola “The Magic Temple”, tutte le tracce presenti su “The Black Opera” sono di caratura superiore, compresa la cover del classico “Bela Lugosi’s Dead”, che però non si amalgama molto bene con il resto del lavoro. Peccato che la ristampa, come tutte le ultime targate Peaceville, non contenga la benché minima traccia di bonus track che avrebbero arricchito il tutto. Rimane comunque il fatto che chi non possiede l’album originale, peraltro di non difficile reperibilità nel nostro paese, deve assolutamente fare propria almeno questa edizione.
PS: come sempre il voto in calce riguarda la ristampa, piuttosto povera; la votazione dell’ album originale é 8.