OPERATION: MINDCRIME – The Key

Pubblicato il 19/11/2015 da
voto
6.5

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Poteva andare peggio. Molto peggio. Viste le premesse, la nuova avventura di Geoff Tate e dei suoi Operation: Mindcrime poteva partire subito con uno sprofondo nella vergogna, eventualità fortunatamente scongiurata. “The Key” avrà pure il peccato originale di arrivare dopo un divorzio alquanto burrascoso, quello consumatosi fra Tate e gli ex compagni della band che lo ha reso famoso, ma se lo consideriamo per quello che è, omettendo di giudicare le azioni passate del suo leader, e ricordandoci anche di non paragonare il disco alle pietre miliari dei Queensrÿche, allora si potrà anche trovare qualche spunto interessante nel full-length in esame. La voce di Tate, architrave del progetto, sa ancora emozionare, le note alte e altissime non sono più di sua competenza, ma su quelle medie e basse Geoff non ha perso del tutto la capacità di escogitare linee accattivanti, dove rilassatezza, toni cospirazionisti e decriptazione del futuro a uso dei contemporanei si accavallano in un discreto mix emozionale. L’approccio al suono, come già chi ha ‘subito’ alcune contraddittorie prove dei progressive metaller di Seattle sa benissimo, è quello di accontentarsi in buona sostanza di una resa piuttosto morbida, che in verità rimane vittima di una strana indecisione fra una produzione cristallina e precisissima di stampo rock melodico e un minimo di pathos e grinta derivate dal metal classico. L’ibrido che ne viene fuori non convince del tutto, manca sicuramente un po’ di profondità per far rendere al massimo i pezzi, bisognosi di più spinta nelle chitarre e di una resa meno meccanica della batteria. Le tracce coprono uno spettro di influenze abbastanza ampio, dove le cose migliori arrivano dalle composizioni congegnate in modalità più canoniche, mentre gli esperimenti modernisti che Tate porta avanti già dalla seconda metà degli anni ’90 trovano, per l’ennesima volta, un’accoglienza freddina. Svetta nella tracklist “Re-Inventing The Future”, condensante alcune delle migliori idee fuoriuscite dalla penna di Tate negli ultimi quindici anni: la melodia portante class metal e il morbido incalzare della voce riportano senza troppi sforzi di immaginazione all’epoca di “Empire”, non fosse per un suono meno vitale e un po’ amorfo. Prova ad avvicinarsi a queste vette qualitative “Life Or Death?”, canzone cerebrale nella giusta misura, tormentata e avviluppante in una liquida malinconia che è poi il mood caratteristico di “The Key”. Anche “Choices” e “Burn”, in apertura, non dispiacciono affatto, adagiate su giri di tastiera molto tranquilli ma che sanno toccare le corde emotive giuste, predisponendo a un ascolto assorto e contemplativo. Procedendo nella fruizione del disco arrivano prima a galla alcune tentazioni moderniste, quindi esce allo scoperto il Tate cantautore, quello dei dischi solisti per intenderci. Sul primo fronte, “The Stranger” appare un mezzo pasticcio fra l’alternative rock, l’elettronica e il new metal, dove almeno si salva il refrain. “Hearing Voices” accenna una sortita in un cantato molto ritmato e – vagamente – rappato, prima di cambiare veste e procedere con idee più coerenti all’identità rock del singer. A due terzi della sua durata, “The Key” svolta del tutto nelle stanze dell’intimismo, con “On Queue” a scivolare via dolce in un elegante finale in balia del sassofono e “Kicking In The Door” in grado di evocare un’atmosfera raccolta, solitaria, con pochi accordi acustici. Chiude, bene, l’album un altro concentrato di tenue tristezza rattrappita, dove si possono almeno cogliere alcuni riff un po’ più energici: “The Fall” si avvicina ai Queensrÿche di metà anni ’90, senza eguagliarli quanto a ispirazione ma permettendosi di frequentare sonorità colte e di gran tatto che né prima né dopo quegli anni si sono sentite spesso. Intendiamoci, “The Key” è tutt’altro che un capolavoro e perde il confronto diretto con “Condition Hüman”, anche per via di una minore propensione alla durezza e scelte di suono discutibili. Va detto, per onestà, che lo ‘sport’ praticato dai due gruppi è completamente differente: i Queensrÿche si sono rimessi a macinare metal classico come negli anni ’80, Geoff Tate e i suoi sodali si dedicano a un rock moderno che con l’heavy metal ha poco ha che spartire. Per gli amanti di certo rock melodico, crediamo che “The Key” possa risultare comunque un ascolto gradito, pur con le pecche sopra descritte. Ascoltatelo senza preconcetti.

TRACKLIST

  1. Choices
  2. Burn
  3. Re-Inventing the Future
  4. Ready to Fly
  5. Discussions in a Smoke Filled Room
  6. Life or Death?
  7. The Stranger
  8. Hearing Voices
  9. On Queue
  10. An Ambush of Sadness
  11. Kicking in the Door
  12. The Fall
1 commento
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