OPETH – In Cauda Venenum

Pubblicato il 23/09/2019 da
voto
7.0
  • Band: OPETH
  • Durata: 01:07:53
  • Disponibile dal: 27/09/2019
  • Etichetta:
  • Nuclear Blast
  • Distributore: Warner Bros

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Prosegue senza sosta il viaggio di Mikael Åkerfeldt nei meandri del progressive rock e, sebbene quello che abbiamo oggi tra le mani sia il tredicesimo capitolo in studio per la formazione svedese, viene ormai più naturale parlare di quarto album per una band che ha iniziato una vera e propria seconda vita. All’epoca dell’uscita di “Sorceress” avevamo avuto già modo di scrivere come sarebbe stato poco sensato giudicare un nuovo album degli Opeth alla luce del loro passato e, in quest’ottica, ci eravamo concentrati sulle sue qualità, dato che il disco ci era parso equilibrato e meno dispersivo rispetto, ad esempio, ad un “Heritage”. Bisogna dire, però, che la prova sulla lunga distanza non è stata poi così clemente con “Sorceress”, che appare oggi un episodio interlocutorio, per quanto sostanzialmente positivo.
Arriviamo dunque ad “In Cauda Venenum”, un lavoro che prosegue nel percorso artistico tracciato dal sopracitato album ma che, al tempo stesso, mostra caratteristiche peculiari che si discostano nettamente dall’album del 2016. Avendo già pubblicato un esteso track-by-track di “In Cauda Venenum”, non torneremo nuovamente sulla descrizione delle singole canzoni, piuttosto vorremmo offrire al lettore una serie di spunti, tra ciò che ci ha convinto e ciò che, invece, ci ha fatto alzare un sopracciglio.
Partiamo allora dalle note positive. Uno dei punti di forza della musica degli Opeth è sempre stato l’uso intelligente e mai banale di chiaroscuri: ferocia ed eleganza, violenza e delicatezza. “In Cauda Venenum” sembra riportare in primo piano questa caratteristica, segnando in maniera più marcata il passaggio tra i momenti più corposi e quelli autunnali e decadenti, in cui a farla da padrone sono gli archi e le chitarre acustiche. E proprio questi passaggi più raffinati rappresentano uno dei maggiori punti di forza del disco, tanto che, lo diciamo con convinzione, se l’intero disco fosse stato composto sulla falsariga dei passaggi acustici ascoltati in “Sveket Prins” o “De Närmast Sörjande”, avremmo a che fare oggi con un degno successore di “Damnation”. Un altro aspetto che ci ha pienamente convinto è, come sempre, la perizia raggiunta da tutti i musicisti: Joacim Svalberg è un ottimo arrangiatore e i suoi interventi sono sempre efficaci e misurati; Martin Mendez appare particolarmente ispirato nelle sue linee di basso; Fredrik Åkesson sta affinando sempre di più il suo gusto melodico e lo stesso Åkerfeldt si cimenta in un cantato particolarmente dinamico, risultando sempre più a suo agio con la sua voce naturale. Infine, non possiamo fare a meno di promuovere la scelta della lingua svedese – perché, ricordiamolo, la versione originale del disco è proprio quella cantata nella lingua madre della band – che si adatta perfettamente alle melodie, dando un sapore arcano alla musica.
“In Cauda Venenum”, però, è lontano dall’essere un capolavoro e i pregi finora citati vengono bilanciati da aspetti meno riusciti. Dicevamo prima che la band ha saputo approfondire una parte di quei contrasti che hanno fatto la loro fortuna in passato, tuttavia questi stessi contrasti non appaiono sufficientemente bilanciati. Se i passaggi più delicati sono magistrali, quando la band prova a spingere non lo fa con altrettanta incisività, incrinando l’equilibrio delle varie parti. Ne è un perfetto esempio “Charlatan”, che vorrebbe rappresentare al meglio la componente progressive metal degli Opeth e invece finisce per incepparsi su strutture forzatamente complesse. D’altra parte, e la cosa ormai non sorprende più di tanto, la scrittura di Åkerfeldt ha la tendenza ad un certo autocompiacimento, come se fosse più interessato a fare bella mostra della bravura della band che non a mettersi al servizio della canzone stessa. Il cantante/chitarrista inserisce nelle composizioni di “In Cauda Venenum” un quantitativo enorme di spunti, stimolazioni, stili e arrangiamenti, e questo non sempre funziona al meglio, complice anche la durata decisamente elevata dell’intero album.
La valutazione finale, quindi, si pone nel mezzo e certamente consigliamo l’ascolto di questo nuovo ambizioso lavoro a coloro che già apprezzano il nuovo corso intrapreso dagli Opeth. La strada ormai è tracciata, ad Åkerfeldt e compagni non resta che trovare definitivamente il loro equilibrio e raggiungere quell’armonia che, ad oggi, non sembra ancora pienamente realizzata.

TRACKLIST

  1. Livets Trädgård
  2. Svekets Prins
  3. Hjärtat Vet Vad Handen Gör
  4. De Närmast Sörjande
  5. Minnets Yta
  6. Charlatan
  7. Ingen Sanning Är Allas
  8. Banemannen
  9. Kontinuerlig Drift
  10. Allting Tar Slut
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