OPETH – Orchid

Pubblicato il 01/01/1995 da
voto
8.5
  • Band: OPETH
  • Durata: 01:05:31
  • Disponibile dal: //1995
  • Etichetta:
  • Candlelight
  • Distributore: Audioglobe
Streaming non ancora disponibile

L’immagine che meglio identifica, a livello visivo, ciò che gli Opeth riuscivano (ed in parte riescono tuttora) a trasmettere attraverso la loro musica, è forse quella che si può ammirare sulla back-cover di “Orchid”, il primo album del gruppo. I quattro musicisti sono infatti fotografati all’ombra di un tramonto rosso-violaceo, figure malinconiche su di un pendio, sagome tristi in contemplazione della Natura. E proprio così risulta essere tutto il lavoro, una perfetta miscela tra gli slanci rossastri di albe e tramonti, brucianti attraverso riff melodici di pregiata fattura, e l’oscurità latente e nebbiosa di boschi e foreste cupe, promulgata da arpeggi commoventi, decadenti e, soprattutto, sognanti. Su tutto ciò, come vento gelido a ghiacciare l’animo, il growl potente – ma ancora acerbo – di Mikael Åkerfeldt, declamatore di cicli vitali e beltà naturali, giovane narratore poetico. “Orchid” è pressoché perfetto, se si tralasciano il minimalismo e le grezze sonorità di una produzione non certo possente, ma comunque precisa, all’uopo e bilanciata per bene: ogni membro della formazione scandinava si ritaglia spunti di encomiabile valore, a cominciare ovviamente da Åkerfeldt che già stupisce per la capacità compositiva, per la fantastica bellezza dei riff del suo personale swedish death e per una prestazione vocale sorprendente; Lindgren è un buon sparring-partner ed il suo compito lo svolge perfettamente, dimostrando anche lui una perizia tecnica indubbia; il drummer Anders Nordin, oltre a profondersi in vigoria sui tamburi, ci regala anche una pregevole esecuzione pianistica di stampo classico, “Silhouette”, sorta di “esperimento fra gli esperimenti” che la band in seguito svilupperà per altre vie; e che dire del freakettone dal cognome improbabile (almeno per uno svedese)? De Farfalla imperversa con il suo basso in molteplici punti del platter, rivelandosi un ottimo solista, per uno strumento che nel futuro – eccetto in “Morningrise” – non troverà certo l’enorme spazio concessogli in “Orchid”, un disco realmente superlativo anche per questi accorgimenti. Esclusa la seconda, breve strumentale acustica “Requiem”, i cinque pezzi rimanenti del lavoro non differiscono molto tra loro, essendo tutti di chiaro stampo Opeth e aggirandosi tutti sui dieci minuti di durata. “In Mist She Was Standing”, “Forest Of October”, “The Twilight Is My Robe”…tutte sono in grado di regalare altissimi momenti di esaltazione, sia quando si trasformano in epiche cavalcate verso cieli notturni stellati, sia quando la dolcezza delle chitarre acustiche sembra disturbare appena il sonno di laghi nascosti. “Under The Weeping Moon” è forse il brano più progressive del lotto, ma certo è poco utile trovare differenze forzate fra i pezzi di “Orchid”, così come inutile è definire “The Apostle In Triumph” l’apoteosi delle capacità musicali dei primi Opeth. Lavoro che travalica Spazio e Tempo, immerso nell’Emozione e nella Magia. La prima pietra (miliare) posta in direzione di quel crepuscolo di gioia e pace musicale che tutti un po’ cerchiamo. Imperdibile.

TRACKLIST

  1. In Mist She Was Standing
  2. Under The Weeping Moon
  3. Silhouette
  4. Forest Of October
  5. The Twilight Is My Robe
  6. Requiem
  7. The Apostle In Triumph
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