8.0
- Band: OPHIS
- Durata: 01:00:44
- Disponibile dal: 05/09/2014
- Etichetta:
- Cyclone Empire
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Sono passati più di quattro anni dall’uscita dell’ultimo album degli Ophis, band tra le più importanti del panorama death-doom europeo. Nati nel 2001 come progetto solista del chitarrista/cantante Philipp Kruppa, la formazione tedesca ha quasi subito maturato una personale visione musicale nella quale confluiscono atmosfere desolanti ispirate ai primissimi My Dying Bride e strabordante vigore death metal che guarda alla scuola dei primi anni Novanta. Nel 2007, con “Stream Of Misery”, i Nostri hanno dato alle stampe uno dei migliori album death-doom dello scorso decennio; con il successivo “Withered Shades” si sono confermati su livelli più che dignitosi e ora, con il nuovo “Abhorrence in Opulence” li vediamo tornare alla carica assolutamente in forma. A caratterizzare la musica degli Ophis vi è sempre stata una potenza estetica e visionaria fuori dal comune e la nuova opera, realizzata con la giusta calma, come si conviene ad una band che non ama troppo stare sotto i riflettori, non fa eccezione: “Abhorrence…” sviluppa temi già affrontati in passato, ma con una sensibilità più matura e riflessiva. È sempre fortissima l’ispirazione legata agli scenari di una natura immensa e solitaria, desolata e allo stesso tempo abbagliante, come possono esserlo i paesaggi invernali. Gli Ophis concepiscono composizioni lunghissime, che si schiudono lentamente, sezione dopo sezione, break dopo break, quasi come se ci trovassimo ad esplorare attentamente un tetro edificio, una stanza per volta. Con la loro musica ci scaraventano nel gelo, in un mondo caratterizzato dal vuoto e dall’oscurità, dove la mente è spesso assediata dal nichilismo e dal senso della morte. “Abhorrence…” a coloro non particolarmente avvezzi a sonorità doom potrebbe forse apparire come un disco statico, ma in realtà, dietro le ritmiche (per lo più) lente e il growling strisciante di Kruppa, si celano tanti elementi diversi e una personalità distinta. In ambito funeral e derivati, i tedeschi sono anzi noti per essere una delle realtà più ingegnose e “dinamiche”: serve solo avere orecchio per i dettagli e pazienza per scoprire la ricercatezza di tale album; le forme della tristezza e dell’inquietudine sono ancora più dilatate del solito in certi tratti, con arpeggi sibillini e qualche arco a ipnotizzare l’ascoltatore, tuttavia, di contro, bisogna anche prendere atto della veemenza delle aperture più “dritte” e death metal, che di certo non vanno per il sottile, ricordando a volte i momenti più barbari di Evoken o Winter. La seconda parte della tracklist, in particolare, presenta persino parti in doppia cassa e sfuriate in blast-beat: “Somnolent Despondency”, ad esempio, suona come un pezzo degli Ahab coverizzato/violentato da una black metal band. Non c’è che dire, gli Ophis hanno un’abilità particolare nel descrivere ambientazioni tanto crude quanto crepuscolari o, se preferite, nell’incamerare nel death metal una rassegnata e malinconica consapevolezza dell’oscurità che incombe. Per tutte le cosiddette anime in pena, questo “Abhorrence in Opulence” è uno degli album dell’anno.