7.5
- Band: ORBIT CULTURE
- Durata: 00:49:30
- Disponibile dal: 18/08/2023
- Etichetta:
- Seek And Strike
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Per una fortuita coincidenza nella stessa giornata di mezza estate in cui vedono la luce i nuovi lavori di Warmen e Chyra – nelle cui fila militano ex membri di peso rispettivamente di Children Of Bodom ed In Flames – arriva anche il quarto disco degli Orbit Culture, gruppo svedese in attività da un decennio e definitivamente pronto a spiccare il volo dopo i buoni riscontri ottenuti tre anni fa con “Nija” e i tour di spalla a pesi massimi del genere quali i già citati In Flames, gli At The Gates ed i Trivium.
Come recita il proverbio (‘tra i due litiganti il terzo gode’), così almeno nella personale classifica di chi scrive, “Descent” finisce col sorpassare gli altri due dischi in uscita, anche se nel caso degli Orbit Culture non è così facile definire il genere di appartenenza.
Il punto di partenza resta la versione più moderna del melodic death svedese, ma a questo i quattro aggiungono una massiccia dose di groove ritmico, a metà tra la furia industriale dei Fear Factory e quella più animale dei Gojira, un po’ di paraculaggine dei Trivium (si senta in proposito “The Aisle Of The Fire”) e infine un pizzico di Metallica, più che altro per la timbrica hetfieldiana del cantante / chitarrista Niklas Karlsson (come sul ritornello di “Undercity”). Un mix sui generis, ma, anche se l’accostamento a Matt Heafy potrà far storcere l’orecchio a qualcuno, questa contaminazione evita di farli sembrare la versione Ikea dei fratelli Duplantier, garantendo una discreta varietà sia all’interno dei pezzi, quasi tutti sopra i cinque minuti di durata, che nella tracklist.
Chi per assurdo cominciasse l’ascolto dal fondo, resterebbe probabilmente spiazzato da “Through Time”, traccia conclusiva forse fin troppo ambiziosa nel suo climax emotivo con un profluvio di orchestrazioni e la prevalenza delle clean vocals, ma fin dall’opener “Black Mountain” il mix tra ritmiche telluriche (nota di merito in proposito per il batterista Christopher Wallerstedt) ed epica moderna colpisce nel segno, trovando un’ideale sublimazione nelle successive “Sorrower”, in cui all’equazione aggiungiamo anche gli omnipresenti Amon Amarth, e “From The Inside”, apice competitivo di un lavoro mai banale. Per ambire ai posti riservati nei festival alle band sopra citate ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma con “Descent” gli Orbit Culture segnano un altro passo verso l’ascesa.