ORDEN OGAN – Final Days

Pubblicato il 16/03/2021 da
voto
7.5
  • Band: ORDEN OGAN
  • Durata: 00:50:30
  • Disponibile dal: 12/03/2021
  • Etichetta:
  • AFM Records
  • Distributore: Audioglobe

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Ogni disco dei teutonici Orden Ogan è un po’ come un’avventura, unica e con le proprie trovate stilistiche e narrative; non a caso, dopo un’inizio dalle atmosfere in linea con gli stilemi classici del power metal, i Nostri hanno deciso di compiere un viaggio oltre i confini dello spazio e del tempo, attingendo da una quantità notevole di immaginari per dare vita ad altrettanti prodotti musicali ben delineati: dopo il post-apocalittico glaciale di “To The End”, passando per il gotico e lovecraftiano “Ravenhead”, fino a giungere alla deriva western di “Gunmen”, i Nostri hanno fatto leva almeno una volta sui gusti di pressoché chiunque. Le uniche costanti sono sempre state la presenza della figura misteriosa di Alister Vale, vera e propria mascotte della band, nonché l’ispiratissimo songwriting ad opera di Sebastian Levermann e soci, orientato sempre verso il power metal, ma con un’anima peculiare e distinguibile già da diverso tempo.
Finalmente, dopo numerosi rinvii dovuti probabilmente all’emergenza sanitaria ancora in corso, il nuovissimo “Final Days” è pronto per essere recensito, ma non prima di aver analizzato le novità sostanziali in esso contenute: in primis, una nuova formazione che vede Seeb abbandonare la sei corde, qui affidata all’ex bassista Niels Loffler e al nuovo ingresso Patrick Sperling, per dedicarsi interamente al ruolo di vocalist e frontman; questo si traduce anche in una maggiore complessità e possanza delle parti di chitarra, queste ultime accompagnate da un basso mai così presente in una produzione degli Orden Ogan, maneggiato dal secondo nuovo acquisto del pacchetto, ovvero il già relativamente noto Steven Wussow (Domain, ex Xandria). Oltre a ciò, troviamo naturalmente un nuovo concept, che a questo giro si illumina di tutto punto, proiettandoci direttamente in una sorta di futuro distopico dalle forti connotazioni cyberpunk e sci-fi, pregno di quella tipica critica sociale nei confronti di un sempre maggiore abisso tra le classi sociali, nonché verso un progresso che può evolvere fino a diventare incontrollabile.
Come in ogni album del combo di Arnsberg, l’atmosfera narrativa e concettuale si riflette sul songwriting, che assume delle connotazioni simil-elettroniche e con un occhio strizzato ai synth, anche se in forma molto lieve; a questo aggiungeteci dei chitarroni scurissimi e dei ritornelli malinconici e orecchiabili. La iniziale “Heart Of The Android” riflette pienamente queste scelte, arricchite da un testo che spinge fortissimo sul tema del dualismo emozionale tra uomo e macchina, trattato anche all’interno di opere cinematografiche come “Blade Runner” e in videogiochi del calibro di “Nier: Automata”, “Binary Domain” e “Detroit: Become Human”.
La bellissima “In The Dawn Of The AI” non ha bisogno di presentazioni, essendo disponibile online dalla scorsa estate, e potremmo fare pure a meno di dirvi che si tratta di uno dei brani di genere power metal migliori degli ultimi anni, nonché probabilmente uno dei picchi più alti toccati dall’album, che si difende comunque bene anche con la successiva “Inferno”, seppur allentando drasticamente la presa sull’acceleratore in favore di una deriva molto più abbordabile. Discorso simile anche per la cadenzata ed evocativa “Let The Fire Rain”, cui segue una “Interstellar” in cui fa capolino la chitarra del mitico Gus G, qui in veste di ospite ben valorizzato all’interno di un pezzo accattivante, con un ritornello dannatamente difficile da scollare dalla testa una volta terminato l’ascolto.
Abbiamo nominato quella che è una delle armi più potenti dell’arsenale degli Orden Ogan: il fatto che ogni brano, a prescindere dal suo valore effettivo, non vuole proprio saperne di schiodarsi dalla mente del fruitore, dimostrando le enormi capacità di questa formazione al momento di fare presa sul proprio pubblico, e la ballad “Alone In The Dark” non fa differenza, anche grazie alla presenza del secondo ospite, ovvero la vocalist Ylva Eriksson; così come una “Black Hole” che, pur funzionando benissimo, inizia però a farci sentire leggermente la mancanza di quell’adrenalina e quella grinta che tanto ci avevano fatto godere al tempo di “Ravenhead”, e che qui fino ad ora risultano sì presenti, ma meno di quanto avremmo sperato.
Fortunatamente, dopo la leggermente più anonima “Absolution For Our Final Days”, ci pensa “Hollow” a farci tornare a scapocciare come si deve, senza però dimenticarsi delle nostre ugole bisognose di essere spremute ancora un po’; il tutto prima della conclusione affidata alla scurissima “It Is Over”, che compensa la mancanza di aggressività con una sorta di invocazione disperata alla fine non solo dell’album, ma della vita stessa sulla terra, dove migliaia di persone attendono tutte insieme il compiersi del proprio destino, osservando nel frattempo le navicelle di coloro che hanno avuto la fortuna di imbarcarsi per un viaggio senza ritorno verso Marte, alla ricerca di una salvezza e di una speranza che purtroppo non ha evitato di fare le dovute preferenze.
Così si chiude l’ultima avventura in compagnia di una metal band che dimostra ad ogni uscita la propria personalità definita e incrollabile, ormai inscalfibile all’interno del panorama mondiale, e che seppur lasciandoci ogni tanto l’amaro in bocca per via di alcune scelte a parer nostro meno valide rispetto ad altre, ancora una volta è riuscita ad emozionarci e a farci immedesimare nelle atmosfere rappresentate. A questo punto, possiamo solo immaginare quale sarà la prossima tappa dell’odissea di Alister Vale, sperando che per allora la situazione sulla Terra sia tornata ad una normalità cui ognuno di noi ambisce da ormai oltre un anno.

TRACKLIST

  1. Heart Of The Android
  2. In The Dawn Of The AI
  3. Inferno
  4. Let The Fire Rain
  5. Interstellar (feat. Gus G)
  6. Alone In The Dark (feat. Ylva Eriksson)
  7. Black Hole
  8. Absolution For Our Final Days
  9. Hollow
  10. It Is Over
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