7.0
- Band: ORNAMENTS
- Durata: 00:46:20
- Disponibile dal: 05/02/2013
- Etichetta:
- Tannen Records
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Dopo un EP omonimo che faceva sperare più che bene, gli italianissimi post-rocker Ornaments, giungono finalmente al debutto sulla lunga distanza grazie a questo etereo ed enigmatico full-length intitolato “Pneumologic”. I Nostri sono fautori di un muscoloso post-rock strumentale, ma scordatevi Russian Circles, Pelican e ammiccamenti simili, questo impavido quartetto infatti scava più in profondità del tanto blasonato post-rock strumentale mezzo-mainstream made in USA, molto più in profondità. Se a tratti gli emiliani raggiungono vette notevoli di livellante potenza doom, in maniera non dissimile dagli altrettanto italianissimi Ufomammut, i Nostri si cimentano molto più spesso in un obliquo, oscuro ed etereo post-rock venato di shoegaze, post-punk e math rock che fa balzare alla mente un mosaico musicale non sempre nitido e coeso ma tutt’altro che privo di colore e sfumature cromatiche. Se i Nostri, dunque, nell’opener “Pulse” tirano in ballo i Red Sparowes con una marcia funebre struggente di post-rock depresso e crepuscolare, con la successiva “Breathe” si cimentano in un miscuglio sonoro tanto strampalato quanto splendido accostando le nefaste e apocalittiche trame heavy di “A Sun That Never Sets” a Jeff Buckley (uno dei pochi episodi nel quale si intravedono infatti delle voci), per poi aggiungervi – tanto per rendere il tutto ancora più ambiguo – un tocco di Deftones dell’ultimo periodo e di Sigur Rós. Seguono a ruota i quasi dieci minuti di “Aer” e la direzione di marcia cambia nuovamente, grazie a delle atmosfere più dilatate ed estese e delle progressioni shoegaze intrise di hardcore che si prendono tutto il tempo del mondo per compiersi ma che nel finale deflagrano in un turbine di sludge metal, doom e hardcore veramente difficile da inquadrare, ma dalla potenza inarrestabile. E si prosegue così senza sosta in una progressione fluidissima di ambiguità post-rock, minimal e metal che non sembra mai trovare argini di contenimento che siano in grado di rendere nitida e concretizzare la formula dei Nostri – formula che proprio per questo rimane costantemente avvolta in una nube di fascino e ambiguità davvero appetibile. Vengono chiamati in causa continuamente (ma senza citarli mai direttamente, come si diceva) e in maniera apparentemente del tutto sconnessa e illogica sia i Neurosis, i Mogwai, i Tortoise, gli Slint, i Tool, gli Isis, gli Explosions In The Sky, tutti ampiamente accennati, ma nessuno mai espressamente materializzato. Il suono degli Ornaments è bello per questo, evocando potentemente infiniti scenari di caldissima familiarità, senza pero copiare o imitare esplicitamente nessuno. Come dire, il loro mondo di riferimento è ovvio, ma al suo interno i Nostri hanno poi trovato uno spazio tutto loro. Non una cosa da poco nel molto omogeneo e inflazionato mondo del post-rock strumentale odierno. Massimo rispetto.