7.0
- Band: ORTHODOX (US)
- Durata: 00:41:45
- Disponibile dal: 19/08/2022
- Etichetta:
- Century Media Records
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Arrivano dalla capitale della musica country Nashville, nel Tennessee, ma il loro suono ha profonde radici territori completamente diversi. Gli Orthodox (da non confondere con il trio drone/doom spagnolo) sono arrivati al contratto con Century Media e al terzo disco in studio dopo una gavetta in ambito hardcore/metalcore che va a travisare quelle che sono le maggiori affinità della formazione straight edge, ovvero le palesi influenze nu-metal che salteranno all’orecchio di tutti gli ascoltatori. Li infileremmo tra le fila di Tetrarch, Omerta e Tallah, più che in mezzo a Code Orange, Knocked Loose o Chelsea Grin, perché è evidente come nel DNA della formazione ci sia il groove dei primi Slipknot, Korn, SOAD e Deftones, senza risultare un povero tentativo revivalista. Nella loro proposta compatta ed incazzata troviamo ottimi esempi di riffing ribassato, breakdown, fischi e rumoristica (“Cave In”, “Nothing To See”) che manderanno in estasi gli estimatori del nu-metal originario dei fine ’90.
Senza ricalcare i pattern sonori di nessuno dei capostipiti di genere già citati, la band riesce a suonare abbastanza sincera e ad evitare l’effetto ‘messa in scena’, inanellando anche pezzi notevoli come le tiratissime “Dissolve” e “Fast Asleep”, facendo bene anche in situazioni più cadenzate e melodiche (“11762”) e assicurando uno svolgimento senza cali di tensione. Purtroppo però una band davvero vicina qualcuno la può trovare guardando nel passato recente, soprattutto per lo stile che il vocalist Adam Easterling ha assunto in questo disco e che non possiamo ritrovare nei primi due: le urla strozzate e monotòno, il flow con cui segue i riff, le soluzioni nelle parti più emozionali come il sussurrare al microfono, ci fanno ricordare fortissimamente David Gunn e i suoi King 810, riferimento che la maggior parte della critica sembra ignorare in maniera clamorosa. Essendo anche i riferimenti sonori molto simili, siamo davvero vicini al suono di “Midwest Monsters” e “Memoirs Of A Murderer”, ed è un po’ un peccato ravvisare questa crisi di identità quando le potenzialità sono espresse in un disco molto solido e ben costruito dall’inizio alla fine. Se non vi vergognate di cercare tutt’oggi il sound del nu-metal più viscerale, in ogni caso segnatevi il nome, questo disco fa al caso vostro.