8.0
- Band: OTUS
- Durata: 01:11:17
- Disponibile dal: 20/03/2017
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Avevamo scoperto l’esistenza e la validità dei romani Otus qualche anno fa, in occasione del release party di “Quiescence” degli Shores Of Null, quando, assieme a Juggernaut e Black Therapy, il quintetto in questione aprì le ostilità della serata. Ebbene, li ritroviamo finalmente oggi, a quasi tre anni di distanza, con fuori un lavoro di valore eccelso e davvero interessantissimo. “7,83 Hz” ci presenta nel migliore dei modi una formazione che fonde in maniera mirabile le proprie influenze doom, stoner e sludge, quindi classiche, con un approccio orientato al post-, all’ambient e per certi versi al drone, il tutto contornato da un’attitudine progressiva e reso particolare dall’utilizzo di mantra e giri fortemente conducenti verso psichedelia e alterazione dei sensi. Un album di lunga durata ma di non difficilissima assimilazione, grazie alla proposizione di un riffing possente e anche minimale che richiama moltissimo i Black Sabbath, facendo da contrappeso alle sezioni più pacate e ipnotizzanti, nelle quali gruppi quali Isis, Cult Of Luna, The Ocean e anche i nostrani Sunpocrisy fanno capolino integrandosi alla perfezione con la parte ‘old-fashioned’ del suono Otus. “7,83 Hz”, per chi è abbastanza dentro alcune tematiche filosofiche, gnostiche, esoteriche e scientifiche, potrà inoltre essere stimolante per i temi trattati nel suo concept, diviso in tre parti denominate Turn On, Tune In e Drop Out, e trattante le profondità del risveglio del proprio Sé dalla realtà che ci circonda, la cosiddetta avidya, l’ignoranza buddista. L’artwork realizzato dal chitarrista Fabio Listrani segue passo passo l’evoluzione del percorso, rendendo più dettagliato e completo un prodotto che gli Otus hanno deciso di affidare alla Argonauta Records, dopo averlo distribuito come autoproduzione nella seconda metà del 2016. Le nove tracce, tutte dal minutaggio medio-lungo, si possono sostanzialmente dividere in due tipologie, di fatto creando un’omogeneità di fondo nonostante le soluzioni adottate dai Nostri siano molteplici: brani quali ad esempio “Avidya”, “Last Of The Four”, “Theta Synchrony” e “Alpha Phase” alternano al loro interno l’incedere lisergico e sabbathiano a diversi cambi di tempo ed atmosfera, punteggiati o da arpeggi o da crescendo mesmerizzanti, oppure ancora da suoni catatonici che inglobano mantra e sintetizzatori; ci sono poi due tracce strumentali, “Echoes And Evocations” ma soprattutto la title-track, che permettono, attraverso le loro divagazioni drone ed estatiche, di avventurarsi nel magico mondo dei suoni delle basse frequenze e della meditazione, per un effetto a dir poco avvolgente; chiude i giochi, infine, la gloriosa epopea della cartesiana “Res Cogitans, Res Extensa”, suite lunga quasi dieci minuti degna conclusione di quest’epica opera prima. Stupisce come riescano a colpire facilmente nel segno questi ragazzi, tutto sommato usando pochi e non nuovi accorgimenti; ma sono quelli giusti e sono inseriti in un contesto ideale, adoprati con raziocinio, metodo e non senza passione. Un debutto coi fiocchi, dunque, per gli Otus, che rispondono ai nomi di Fabrizio Aromolo, Fabio Listrani, Daniele Antolini, Brunomaria Cosenza e Andrea Adesso. Ottimi e abbondanti, cercate di non perderveli per nessuna ragione!