OVERKILL – Horrorscope

Pubblicato il 01/09/2024 da
voto
9.5
  • Band: OVERKILL
  • Durata: 00:52:47
  • Disponibile dal: 03/09/91
  • Etichetta:
  • Megaforce Records

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Anno 1991: il complicato decennio del thrash metal aveva ufficialmente tracciato il primo solco. Da una parte l’esplosione definitiva del grunge, dall’altra le spallate brutali e glaciali, seppur amichevoli, ricevute dal death e black; nel mezzo la pubblicazione dell’album nero dei Metallica. Un triangolo vorticoso, spiazzante, spaventosamente mainstream; una serie di cambiamenti tanto ampi quanto repentini che resero la vita del fratello bastardo dell’heavy metal praticamente impossibile. Un momento di grande confusione, di stili e di intenzioni, durante il quale parecchie band, soggiogate dall’amletico dubbio tra il tentare la strada del grande mercato o rimanere ancorate alle radici primordiali del genere, andarono letteralmente alla deriva, travolte dall’incapacità, e in alcuni casi anche da una buona dose di sfortuna, di raggiungere uno dei due obbiettivi. Involuzione globale che tirò dritto fino al termine del millennio quando, fortunatamente, una nuova ondata creativa, connessa al prevedibile calo commerciale degli altri generi, lo riportarono ai fasti (pur non raggiungendoli in toto) del passato.
Nel marasma generale venutosi a creare all’inizio degli anni Novanta, qualche gruppo riuscì comunque a dare il meglio di sé, rilasciando valide testimonianze circa quel tentativo, più o meno abbozzato, di rivisitazione delle vecchie sonorità, abbracciando lidi più moderni e di maggior sperimentazione.
E tra l'”Arise” dei Sepultura, pubblicato nel mese di marzo, e il “Countdown To Extinction” dei Megadeth, in arrivo l’anno successivo, si inserisce perfettamente il qui presente “Horrorscope”, quinto album degli Overkill, i quali arrivavano all’appuntamento con il nuovo disco in compagnia di due importanti fardelli da portare sul groppone. Il primo, sicuramente più piacevole, conteneva gli ottimi responsi guadagnati dagli album precedenti, con l’esordio “Feel The Fire” e “The Years Of Decay” a ricoprire i gradini più alti del podio; il secondo invece, rognoso e degno di maggior attenzione, riguardava direttamente la line-up. Qualcosa, infatti, aveva iniziato a scricchiolare in seno alla band: dopo la release di “The Years Of Decay”, i rapporti tra D.D.Verni (insieme a Blitz Ellsworth) e Bobby Gustafson avevano iniziato ad inasprirsi a causa delle diverse posizioni circa le composizioni future del gruppo. Discussioni che portarono alla inevitabile rottura tra le parti: fuori Gustafson e Overkill senza chitarrista. Da qui i dubbi sul possibile sostituto, ma alla fine D.D. e Bobby Blitz non solo assoldarono un nuovo membro, fecero di più, raddoppiarono: dai Faith Of Fear arrivò Merritt Gant, mentre da tecnico della chitarra (guarda caso proprio di Gustafson) venne promosso in prima squadra Rob Cannavino. Doppio innesto, con il chiaro intento di dare una sterzata di novità rispetto al passato: scelta radicale che trovò la definitiva conferma nel superbo “Horrorscope”. Rivoluzionati i toni thrash-power che avevano contraddistinto l’avanzata terremotante del combo del New Jersey, al loro posto entrarono in gioco melodie dense e stratificate, culminate da eccellenti assoli e passaggi ritmici tecnici e ricercati.
Un disco oscuro, tanto nella sua copertina quanto nella titletrack: riffoni pesanti, intrisi di groove e doom, a spezzare come detto la schizofrenia passata, marchio di fabbrica della band. Un andamento ipnotico sul quale è la voce di Bobby Blitz, meno elettrica ma più pulita e sinistra, a centellinare l’enigmatica marcia imbastita dal batterista Sid Falck, identificando “Horrorscope” come uno dei brani più rappresentativi della nuova veste degli Overkill, ponendosi come perfetto ago della bilancio tra i due pezzi simbolo del quinto capitolo firmato dalla band americana. Un filo sibilante, ricoperto di energia e straziante melodia, collega infatti l’opener “Coma” alla conclusiva “Soulitude”; due autentiche gemme, differenti tra loro ma unite dalla medesima forza propulsiva, mostrando inoltre l’estrema versatilità stilistica di D.D. e compagni, rimasta per così dire nascosta sino a quel momento.
La doppia intro di “Coma” ha il pregio di introdurci immediatamente in un antro di mistero tetro e malvagio; tanto ostile da venir spazzato via altrettanto velocemente da una scarica di riff in cui fanno subito presa i due nuovi chitarristi, prima della letale esplosione in sede di refrain. Da par suo “Soulitude”, inspiegabilmente sparita in sede live (esclusi i primi concerti promozionali ed eccezionalmente riproposta nel celebrativo show di Overhausen del 2016), si mostra come una sontuosa ballad, marchiata da cima a fondo da una disperazione furiosa, che si esalta nella dilagante melodia del ritornello; da lacrime! Nel mezzo, nove brani (“Horrorscope” compreso), magari non così diretti e memorizzabili come un “Rotten To The Core”, Elimination” o “Hammerhead”, ma con uno spessore tecnico maggiore e una completezza di fondo assolutamente inarrivabile, a dimostrazione di come la scelta, a prima vista rischiosa, della doppia chitarra risultò a tutti gli effetti vincente, tanto che, negli anni a seguire, il quintetto rimarrà la struttura base della band statunitense (ad esclusione di “Bloodletting” del 2000, dove ritornano temporaneamente alla formazione a quattro).
Senza innescare il classico track-by-track, meritano sicuramente di essere menzionate “Thanx For Nothing”, esempio totale di come gli Overkill sapevano (e lo sanno tutt’ora) esattamente cosa fare quando vogliono pigiare il piede sull’acceleratore. Martellante e precisa al punto giusto, così come la precedente “Blood Money”, in cui Gant e Cannavino fanno saltare il banco, tra assoli e riff in serie. A chiudere infine una prima parte d’album più ‘estrema’ ci pensa invece “Bare Bones”, con il suo intro di pianoforte, dove è Falck a fare la voce grossa, ‘rubando’ così la scena al resto della band. Nella seconda metà del disco, invece, i ritmi si fanno più rocciosi, e allora ecco la massiccia “New Machine”, il cui stacco centrale è di una pesantezza abissale, la cover di “Frankestein”, pezzo strumentale composto dal gruppo rock americano dei The Edgar Winter Group nel 1972 e “Nice Day…For A Funeral”, perfetta apripista per la commuovente “Soulitude”.
L’invito dunque, in attesa di vederli on stage all’imminente Metalitalia.com Festival, è quello di scaraventarsi al tredicesimo piano del vostro scaffale metallico, pigliare al volo “Horrorscope” ed inserirlo nello stereo; album assolutamente da avere.

TRACKLIST

  1. Coma
  2. Infectious
  3. Blood Money
  4. Thanx for Nothin'
  5. Bare Bones
  6. Horrorscope
  7. New Machine
  8. Frankenstein
  9. Live Young, Die Free
  10. Nice Day...for a Funeral
  11. Soulitude
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