9.0
- Band: OVERKILL
- Durata: 00:50:07
- Disponibile dal: 24/07/2014
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Antefatto. Dialogo fra recensori metal. CG: “Oh, White Devil Armory lo propongo come Top Album, è un disco eccezionale”. AC: “Sicuro? Ma non sarà esagerato? È meglio di ‘Ironbound’?”. CG: “Sì, è l’album thrash metal migliore degli ultimi anni”. È così signori e signori: difatto gli Overkill sono la migliore thrash metal band in circolazione. In studio, dopo aver scritto decadi fa alcune pagine di storia del genere, pubblicano anno dopo anno lavori sempre qualitativamente eccelsi. Dal vivo poi, surclassano gruppi che chiedono 50 euro e passa per un loro show ma poi sul palco steccano clamorosamente o fanno cantare i fan. Ma veniamo a “White Devil Armory”, l’album numero diciassette di una storia iniziata fra New York e il New Jersey nel 1980. È la storia di D.D. Verni e Bobby “Blitz” Ellsworth, i due leader che non ne vogliono sapere di passare il testimone ai mocciosi che provano a imitarli da anni. I migliori sono sempre loro e i cinquanta minuti di questo lavoro lo ribadiscono. Abbiamo riascoltato “Ironbound”, il loro Zenith compositivo post 2000, e alla fine abbiamo convenuto che questo lavoro è migliore. È migliore perché dall’inizio alla fine non ha un attimo di cedimento. È migliore perché la scaletta alterna senza scendere di qualità tutte le sfumature che il gruppo ha proposto negli anni; ne propone inoltre di nuove (addirittura qualcuna dal sapore epico) ma tutto suona come al solito dannatamente Overkill. Corre l’obbligo di descrivere qualcuno di questi brani. È un piacere: “Armorist” la conoscete già, un’apripista devastante in quanto a impatto e che setta l’asticella ancora più in alto in quanto a qualità dei suoni, missati in maniera tale da far risaltare ogni componente. Impatto dicevamo, e poi melodia, con “Down To The Bone”, mentre il groove, altra caratteristica degli americani, si esalta con “Pig”, brano che siamo pronti a scommettere finirà in scaletta per direttissima. Ellsworth è al solito superlativo. Canta come un invasato, velocissimo a tratti; e già ci sembra mentre siamo immersi nell’ascolto di “Bitter Pill” di vederlo davanti a noi dimenarsi mezzo nudo, brandendo il microfono sui colpi di doppia cassa incessanti che scandiscono il ritmo. Ma poi le percussioni! “Where There’s Smoke” va “assunta” con cautela, può produrre danni alla cervicale. E la seguente “Freedom Rings” presenta dei riff di chitarra che sono da scuola thrash metal. La modernità del thrash in cui tanti gruppi si cimentano è riassunta in “Another Day To Die”, groove e basso, tanto basso. E poi il gran finale, spesso il punto debole di molti lavori, anche degli Overkill. Infatti i “soliti” otto in pagella che la band di Verni ha preso su queste pagine erano dovuti proprio a dei punti deboli in scaletta. Ma qui invece questo non succede. “King Of The Rat Bastard” è uno dei pezzi più belli scritti negli ultimi anni in ambito thrash. Il clima di oppressione musicato da un basso incessante, da dei riff velocissimi che si allungano solo nel refrain melodico, che esalta le doti vocali di Blitz, si rivela uno degli episodi migliori di questo disco. Lo stesso dicasi per “It’s All Yours”, brano dove Bobby (classe 1959, ripetiamo: millenovecentocinquantanove), si abbandona a delle estensioni vocali melodiche assolutamente superlative, per non parlare poi degli arrangiamenti di chitarra. Chiude questo capolavoro “In The Name” , brano che nella parte centrale diventa epico, evocativo nel ritornello, per la sublimazione del credo Overkill. Evitiamo le solite frasi ad effetto di fine recensione. Questo è l’album thrash metal più bello ascoltato negli ultimi anni. E gli Overkill in questo genere sono il gruppo più in forma da vedere dal vivo. Ci si vede fra la Wrecking Crew (e fate come se fosse un 10).