7.0
- Band: OZ
- Durata: 00:57:24
- Disponibile dal: 20/10/2017
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Dopo ben ventisei anni di silenzio tornano in pista gli OZ. Nata al termine degli anni ’70, la band finlandese, dopo aver dato alle stampe un primo disco nel 1982 (“Heavy Metal Heroes”) e facendo un netto salto di qualità con il successivo “Fire In The Brain” (anno 1983), perse il bandolo della matassa fino al 1991 quando, dopo una serie di vicissitudini interne, annunciò lo split che sembrava ormai definitivo. Così fino ad oggi, ad esclusione di una sorta di compilation, “Burning Leather” del 2011, contenente una manciata di inediti. Di quegli OZ è rimasto solo un membro originale, il batterista Mark Ruffneck che ha incrociato nuovamente le bacchette, ricostruendo il gruppo da capo a piede con una line-up del tutto nuova. Ciò che invece è rimasto uguale agli albori, seppur modernizzato, è la proposta generale dei cinque scandinavi: il qui presente “Transition State” suona heavy metal fino al midollo, quello classico e puro, in stile Accept, avvicinandosi in alcuni casi anche a lidi più hard rock. La voce pulita del singer Vince Kojvula rimanda talvolta ai toni anglossasoni del buon Biff Byford e ai suoi Saxon (“Demonized”), sottolineando come il sapore metallico, quello più genuino, sia rimasto nelle vene degli OZ, o quanto meno nella braccia del suo mastermind Ruffneck. Tredici brani dai quali non scaturiscono vette di originalità ma che confermano una certa coerenza d’intenti oltre ad una buona verve compositiva. Ed allora pezzi più heavy e possenti come “Drag You To Hell” si alternano a brani dalle sfaccettature più finniche, “Heart Of A Beast”, in cui forti sono i richiami a sonorità più melodiche in stile Stratovarius, o ad esecuzioni dall’appeal maggiormente rock caratterizzati da refrain più soft e ritmiche meno marcate, come ad esempio “In a Shadow of a Shotgun”. “Transition State” quindi, pur nella sua solidità metallica, cerca comunque di spaziare all’interno del ventaglio sonoro delle forme più classiche del genere. Condito da ben tre bonus track, tra cui la cadenzata “Whore Of Babylon” il ritorno degli OZ farà felice soprattutto gli aficionados del metallo più ‘steel’; tutto da mordere!