6.0
- Band: OZZY OSBOURNE
- Durata: 00:52:12
- Disponibile dal: 03/07/2007
- Etichetta:
- Sonic Records
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Ozzy Osbourne, un nome che negli ultimi quarant’anni è divenuto leggenda. Non è un cantante tecnico, le stecche per lui sono all’ordine del giorno, ma i milioni di fan che lo amano non lo fanno per le sue doti canore. Ozzy Osbourne è il personaggio, la lucida follia, l’esagerazione, colui che ha portato all’estremo l’immagine della rockstar scapestrata più di Led Zeppelin e Motley Crue, colui che ha passato una vita intera sul filo del rasoio a causa delle droghe che lo hanno accompagnato per tutta la sua carriera. Ozzy Osbourne è però il padre dell’heavy metal, che con i suoi Black Sabbath ha creato in primis sin da fine anni sessanta. La carriera solista del madman, con oltre cinquanta milioni di dischi venduti, non ha mai segnato crisi eccessive in oltre venticinque anni, solamente nell’ultimo periodo il moscio “Down To Earth” e la mortificante serie Tv “The Osbournes” hanno fatto perdere credibilità ad un’icona del rock apparentemente venduta allo show business ed alle concezioni di marketing della moglie Sharon. Sono trascorsi sei anni dall’ultima fatica discografica, finalmente la cover ritorna a quelle tinte oscure che da sempre accompagnano il prince of darkness, mentre il sound percorre un passo avanti rispetto al citato predecessore. Il sodalizio tra Osbourne ed il chitarrista Zakk Wylde è solidissimo, la mano del biondo e nerboruto axeman è parte integrante a livello del song-writing, tanto che molte canzoni paiono provenire da un disco inedito dei Black Label Society. Questo probabilmente è uno dei motivi per cui “Black Rain” non riesce a convincere del tutto, così come la qualità dei brani non si mantiene costante per tutto il disco. Le cupe e violente “Not Going Away” e “I Don’t Wanna Stop” (non a caso i due singoli), sono i momenti più devastanti dell’intero lavoro, costruiti a suon di riff potentissimi che non lasciano scampo ai deboli d’orecchie, le linee vocali si rivelano vincenti e di facile assimilazione. L’altro brano degno di menzione è la ballad “Here For You”, melodica e figlia degli anni d’oro di Ozzy (impossibile non notare la somiglianza con “Goodbye To Romance”), la cui voce nasale e unica si amalgama alla perfezione con il toccante pianoforte che accompagna tutte le strofe. I restanti brani, almeno per chi scrive, non sono riusciti a bissare il successo di un must come “Ozzmosis”, tanto per citare l’ultimo grande disco di Mr. Osbourne. A difesa di “Black Rain” chiamiamo in causa una produzione letteralmente perfetta, dai suoni così potenti e puliti da far invidia a tanti sbarbatelli da classifica che si credono i nuovi dei del metallo.I l capolavoro è ancora lontano, ma rispetto a “Down to Earth” di passi ne sono stati fatti. Forse il prossimo disco dovrebbe essere meno Black Label Society e semplicemente più Ozzy Osbourne, ai posteri l’ardua sentenza.