7.0
- Band: P.O.D.
- Durata: 44:49:00
- Disponibile dal: 04/11/2003
- Etichetta:
- Atlantic Records
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Indiscussi protagonisti della scorsa stagione musicale di MTV, con i pluri-osannati singoli “Alive” e “Youth Of The Nation”, gli americani P.O.D. (acronimo che sta a significare Payable On Death) rientrano sulle scene con il loro terzo, omonimo full-length album. Disco atteso da fan e critica, nonché simbolica risposta alle ultime, poco acclamate release di Linkin Park e Limp Bizkit, i due gruppi-simbolo dell’esplosione commerciale dell’MTV-metal, “Payable On Death” arriva dopo lo strepitoso successo del precedente “Satellite”, dal quale la band è ripartita per cercare di evolvere e perfezionare un songwriting già di per sé accattivante. Perso per strada il chitarrista Marcos Curiel, sostituito da Jason Truby, il gruppo non si è disgregato, forte di un’accentuata volontà, e ha sfornato un lavoro davvero degno di menzione: senza snaturare affatto il vecchio sound (si rimane sempre in ambito di “nu-metal da classifica”…), i P.O.D. ci presentano un disco definitivamente maturo, prodotto in modo egregio e senza vistosi cali di tensione o pericolose discese nel cattivo gusto; il quartetto si è sempre segnalato come uno dei combo più “politically correct” della scena, in grado di scrivere brani “puliti”, dotati di buone dosi di spiritualità, soprattutto a livello lirico, che portano messaggi esclusivamente positivi… e questa caratteristica viene ribadita anche in “Payable On Death”, seppur con toni smorzati, almeno così sembra. Ciò perché le sonorità si sono fatte più compatte, più massicce, pur essendo meno aggressive che in passato, le melodie sono state orientate verso lidi più tristi ed oscuri, ed il mood generale che si percepisce durante l’ascolto è meno solare di quello che emanava “Satellite”. La prestazione vocale di Paul “Sonny” Sandoval si attesta su toni più cantati e meno rappati, donando ai brani una musicalità speciale e davvero piacevole; le influenze reggae sembrano essere state usate più intelligentemente ed hanno pieno sfogo in alcuni chorus bellissimi (su tutti citerei quello di “Revolution”); ed anche la ricerca melodica dev’essere stata eseguita con particolare attenzione, in quanto non c’è assolutamente paragone tra strofe e ritornelli di questo disco e quelli del precedente: su “Satellite” erano esageratamente main-stream, mentre qui sfiorano picchi d’originalità piuttosto alti. Eppure non inizia benissimo “Payable On Death”, dato che “Wildfire” e “Will You” (il primo singolo, davvero banale) sono scontatissime e dicono poco o nulla… è con “Change The World” che l’album spicca il volo, inanellando un sestetto di brani ottimi e “acchiappanti”, fra i quali è d’obbligo segnalare “Execute The Sounds”, “Find My Way” e “Freedom Fighters”. Con “I And Identify”, i P.O.D. incattiviscono il loro approccio, dimostrando che non fa per loro suonare troppo arrabbiato; la successiva “Asthma” potrebbe curiosamente essere un pezzo degli Anathema, se i britannici avessero inclinazioni nu-metal, mentre la conclusiva “Eternal” è una spettacolare strumentale acustica, via di mezzo tra flavour hendrixiano e accordi tristi à la In Flames, degnissima chiusura di un degnissimo lavoro. Certo, non tutto è rose&fiori in “Payable On Death”, e la costante ripetizione della struttura strofa-chorus-strofa-chorus-break-chorus può rendere monotono il tutto, ma, sinceramente, in questo caso, mi sembra un difetto più che trascurabile. Bel disco, onesto e sincero, che supera di molto il suo predecessore… e chi se ne frega se venderà molto meno! Musica che mette in pace e soddisfa…