8.0
- Band: P.O.D.
- Durata: 00:45:24
- Disponibile dal: 21/08/2015
- Etichetta:
- Universal Music Enterprises
- Distributore: Universal
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Esplosi a cavallo del nuovo millennio, in piena età dell’oro nu-metallica, grazie a dischi manifesto come “The Fundamental Elements Of Southtown” e “Satellite”, i californiani P.O.D. sono poi sopravvissuti all’implosione del genere alternando dischi più sperimentali (“Payable On Death”, “When Angels And Serpents Dance”) ad altri più nu-stalgici (“Testify”, “Murdered Love”), ma sempre qualitativamente accettabili. Dopo aver festeggiato l’anno scorso il ventesimo anniversario di attività discografica con l’immancabile album acustico (“SoCal Sessions”), i quattro di San Diego tornano ora con il loro nono full-length, destinato fin dal titolo a portare ad un livello superiore il messaggio cristiano che da sempre ne contraddistingue l’operato. Senza voler scomodare illustri predecessori – da “The Wall” dei Pink Floyd a “Tommy” dei The Who, passando per “Operations Mindcrime” dei Queensrÿche -, “The Awakening” si presenta come un concept incentrato sulla storia di un protagonista, Tim, ripercorrendone le gesta ed esplorando le conseguenze delle sue decisioni, intervallando ogni canzone con delle parti recitate (utili soprattutto per seguire la storia, ma comunque non fastidiose anche nell’economia dell’ascolto singolo). Da un punto di vista strettamente musicale, l’album si apre con l’anticlimax di “Am I Awake”, in virtù di un intro da Mad Max che sfocia poi in un pezzo dalle atmosfere quasi oniriche, e prosegue in modo abbastanza scanzonato con “This Goes Out To You”, primo singolo in stile quasi funky, il cui outro angosciante introduce a dovere la più rabbiosa “Rise Of NWO”, ottimo esempio di hip-hop metal che ci riporta indietro ai tempi di “The Fundamental..”. La temperatura sale con la successiva “Criminal Conversations” – sognante traccia impreziosita dal duetto con Maria Brink degli In This Moment, ormai sempre più a suo agio nel ruolo di madrina del nu-metal revival avendo già miagolato con Five Finger Death Punch e Papa Roach -, prima che la tensione diventi paranoia con “Somebody’s Trying to Kill Me”, altro pezzo ritmicamente elementare ma emotivamente efficace. Chitarre più liquide e effetti vari accompagnano il trip della più movimentata “Get Down”, preludio alle accelerazioni punk di “Speed Demon” (paragonabile come livello di adrenalina all’indimenticabile “The Messenjah”), salvo poi tirare il fiato con il jazz-rock di “Want It All” (dove la sei corde per un attimo sembra passare nelle mani di Santana). Si torna a correre con la post-apocalittica “Revolución” – sorta di ibrido reggae/hardcore, grazie anche alla partecipazione di Lou Koller dei Sick Of It All -, mentre la title track posta in chiusura chiude il cerchio in modo più soft, come in un lento risveglio dopo un lungo viaggio. E di risveglio possiamo parlare anche per la formazione californiana: mai realmente andata in letargo, ma finalmente tornata a splendere come ai tempi di “Satellite”, con un coraggio e una maturità compositiva che, pur seguendoli e apprezzandoli fin dagli esordi, non credevamo nelle loro corde. Lieti di essere smentiti, non ci resta che consigliare l’ascolto non solo e non tanto ai nostalgici di cavallo e chitarroni ribassati, ma anche e soprattutto agli appassionati di alternative rock/metal in generale.