6.5
- Band: PAGANIZER
- Durata: 00:39:29
- Disponibile dal: 24/06/2022
- Etichetta:
- Transcending Obscurity
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Rogga Johansson è stacanovista a tal punto da farsi concorrenza da solo. Abbiamo appena finito di ascoltare “Crypt World”, il nuovo album dei Ribspreader, ed ecco arrivare l’ennesima prova discografica dei Paganizer, un’altra delle death metal band più longeve e conosciute del prolifico musicista svedese. Forse gruppo e casa discografica avrebbero dovuto calcolare meglio le tempistiche di uscita, se non altro per evitare paragoni troppo diretti che, almeno in questo caso, non giocano a favore dei Paganizer. Rispetto al recente disco dei Ribspreader, “Beyond the Macabre” risulta infatti meno ispirato e suonato peggio, pur portando avanti il discorso stilistico del precedente “The Tower of the Morbid”, opera con il quale la band era riuscita a rilanciarsi un pochino e a introdurre qualche piccola novità nella propria proposta. Se infatti anche qui Johansson cerca di condurre il suo old school death metal su registri leggermente più melodici ed evocativi – almeno a tratti, vedi, ad esempio, la seconda parte di “Sleepwalker” – alcune di queste canzoni danno l’impressione di essere poco più che abbozzate o comunque di rifarsi a canovacci e riff che abbiamo già incontrato sin troppe volte nel vastissimo repertorio del chitarrista/cantante svedese. La succitata ultima prova dei Ribspreader ha dimostrato come Johansson abbia ormai bisogno di una spalla per portare a termine un lavoro su livelli interessanti: in quel caso sono accorsi in suo aiuto Jeramie Kling e Taylor Nordberg degli Inhuman Condition, mentre qui il Nostro si ritrova a fare tutto da solo come al solito, incappando in alcuni momenti di stanca che di certo non fanno bene al disco. Chiaramente l’esperienza c’è, tanto che una traccia come “Raving Rhymes Of Rot” sa subito come rivelarsi di ben altra pasta rispetto ad altri brani insipidi della tracklist, puntando su un approccio più controllato e solenne ben interpretato da Johansson anche nelle sfumature di growling. D’altro canto, “Menschenfresser” è invece la fiera della banalità, con il suo riff stra-riciclato. In generale, il materiale più convincente è di gran lunga quello in cui i Paganizer prendono strade meno battute: “Unpeaceful End” – pezzo che vede la presenza del mitico Karl Willets al microfono – è un altro episodio che risalta subito, grazie ai suo toni dolenti che fanno acquistare alla musica un po’ più di sapore. Insomma, qualche guizzo notevole c’è, ma, come spesso accade per le produzioni di questo inquieto artista, per fare davvero il botto servirebbero maggiore costanza e più attenzione ai dettagli. Purtroppo l’altalena di valori espressa dai Paganizer alla lunga lascia sempre un po’ interdetti.