7.0
- Band: PAIN
- Durata: 00:41:44
- Disponibile dal: 09/09/2016
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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A cinque anni di distanza da “You Only Live Twice” – intervallati dall’ultimo Hypocrisy e dal debutto dei Lindemann, da molti visto come una nuova versione dei Pain con il cantante dei Rammstein dietro al microfono -, torna alla ribalta l’instancabile Peter Tagtren, arrivato con “Coming Home” al traguardo dell’ottavo disco con quel progetto che all’inizio era solo una semplice valvola di sfogo. La lunga pausa sembra aver giovato al poli-strumentista svedese – accompagnato dietro le pelli dal figlio Sebastian, militante in una band black -, che per l’occasione arrichisce il classico sound electro-industrial con un massiccio utilizzo delle orchestrazioni. Sarà frutto della collaborazione con Clenens (tastierista dei blacksters olandesi Carach Angren), ma a tratti all’interno delle varie “Call Me” (con Joakim Brodén dei Sabaton), “A Wannabe” o “Black Night Satellite” sembra quasi di sentire gli arrangiamenti in cinemascope di band come Nightwish o Dimmu Borgir, ovviamente mescolate con la sfrontatezza elettronica tipica dei Pain. Tra gli episodi migliori di una tracklist varia come non si sentiva da un po’ di tempo, segnaliamo anche l’opener in salsa western “Designed To Piss You Off”, la semi-acustica title-track, la hard-rockeggiante “Absinthe Phoenix Rising” (ispirata al pestaggio occorso alla band proprio durante il tour con i Nightwish) e la rammsteniana “Final Crusade”. Di contro, a convincere di meno sono i pezzi più ‘pestoni’ come “Pain In The Ass” o le parti tirate di “Natural Born Idiot”, a riprova del fatto che ormai i Pain rappresentano al meglio la veste più melodica del Jack Sparrow svedese. Tirando le somme, “Coming Home” rapprsenta comunque un buon ritorno a casa per Mr. Tagtren, tornato ai consueti livelli di eccellenza dopo un paio di dischi soltanto discreti. In attesa di veder partire il prossimo razzo, bene così; verso l’infinito e oltre.