7.0
- Band: PAIN
- Durata: 00:41:08
- Disponibile dal: 17/05/2024
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Archiviata definitivamente la parentesi nei Lindemann, e dopo aver concluso il ciclo disco-tour con gli Hypocrisy, era auspicabile un ritorno dei Pain, side-project dell’infaticabile Peter Tägtgren cominciato quasi per gioco sul finire degli anni Novanta (lo storico “Rebirth” compie ora un quarto di secolo) ma discograficamente fermo ad otto anni fa, al netto del singolo post-pandemico “Party In My Head”.
In questo lasso temporale la contaminazione tra metal ed elettronica ha acquisito ulteriore linfa, basti pensare al successo riscosso dai vari Carpenter Brut o Perturbator, ma sono sufficienti pochi secondi della traccia d’apertura “I Just Dropped By (to say goodbye)” per capire come la formula sonora dei Pain non sia cambiata di una virgola, tra ritmiche quadrate come i Rammstein insegnano, synth a riempire le strofe pompando i ritornelli e testi tra il serio e il faceto.
Non manca un po’ di sano autocitazionismo – “Not For Sale” riecheggia fin dall’incipit l’intramontabile “Shout Your Mouth”, qui sostituita con un ancora più esplicito “Suck My Balls” – ma la lunga assenza è stata ripagata da un menù più che mai variegato.
Se “Go With The Flow” ricorda i Depeche Mode sotto steroidi e la festaiola “Party In My Head” cita platealmente “Rockin’ In The Free World” di Neil Young, con “Push The Pusher” si avverte una scocca più moderna mentre “The New Norm” e “Revolution” alzano i giri del motore alternando il consueto riffing industrial a dei glitch quasi in zona death/nu-core.
Per chiudere il cerchio, non poteva mancare anche qualche brano più atmosferico: le orchestrazioni di “Don’t Wake The Dead” danno un piacevole tocco cyber goth, mentre “My Angel” si alza il livello di feromone con un cantato femminile (in francese) ad affiancare il Johnny Depp di Svezia dietro al microfono; titoli di coda infine con la rilassante “Fair Game”, perfetta colonna sonora per un western post-nucleare.
Niente di nuovo in casa Pain, ma “I Am” conferma una volta di più come nel caso di Tägtgren la personalità musicale sia da declinare alla prima persona plurale.