7.5
- Band: PAIN OF SALVATION
- Durata: 00:53:51
- Disponibile dal: 26/09/2011
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: EMI
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Come prevedibile e annunciato dallo stesso leader Daniel Gildenlow, “Road Salt Two” non è altro che la prosecuzione e chiusura del cerchio aperto con il quasi omonimo album dello scorso anno. Dunque sarà bene abituare subito le orecchie alle sonorità vintage respirate nella release precedente e mettersi il cuore in pace da eventuali ritorni al fortunato sound degli esordi, anche perché lo stesso singer ha più volte ribadito la propria intenzione di evolvere sempre e comunque il proprio songwriting. Le sonorità ’70 che imperversavano un anno fa sono ancora ben visibili nel nuovo album, come dimostra subito l’opener “Softly She Cries”, avvalorata da un gradevole ritornello corale. Rispetto al disco precedente, qualche novità non manca, con l’introduzione di un sound più teso ed oscuro, come ben ci ricorda la cover a sfondo nero, ma soprattutto si riscontra una maggior qualità nel songwriting. La band svedese incappa anche questa volta, per la verità, in alcuni episodi un po’ banali, come il mid-tempo “Eleven” (bello però il finale jazzato) o la stonereggiante “Mortar Gring”, già edita nell’EP “Linoleum”, in cui il quintetto sembra affidarsi unicamente allo smisurato talento vocale di Gildenlow per mascherare una certa povertà di idee. Ciò nonostante, al di là di qualche pezzo sottotono, “Road Salt Two” si rivela un disco più intenso, gradevole ed emotivo. I Pain Of Salvation hanno pochi rivali allorchè si cimentano in partiture intime e delicate, come dimostrano le ottime “1979” e “Through The Distance”, ma scoprono anche intriganti crescendo epici di Morriconiana memoria in “To The Shoreline” e nell’oscura “The Deeper Cut”, da segnalare come uno dei picchi assoluti del disco. Prima del finale, c’è tempo per l’ultima perla a titolo “The Physics Of Gridlock”, in cui il gruppo scandinavo mette in mostra tutta la propria creatività con una strofa nervosa, uno dei refrain più belli di sempre ed un finale a sorpresa in cui Daniel si cimenta in un cantato in lingua francese azzeccato e suggestivo. I Pain Of Salvation insomma ci hanno stupito ancora, affinando e migliorando le sonorità vintage del disco precedente; chi però non ha digerito la produzione low-fi della prima parte maledirà nuovamente l’egocentrismo del leader Gildenlow. Noi questa volta preferiamo goderci l’integrità artistica di una band sempre e comunque rivoluzionaria.