8.0
- Band: PAIN OF SALVATION
- Durata: 01:07:48
- Disponibile dal: 22/01/2007
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Audioglobe
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Ecco che finalmente la seconda parte del concept “The Perfect Element” vede la luce. Stiamo parlando della continuazione di uno dei concept più interessanti degli ultimi anni, forgiato dagli svedesi Pain Of Salvation, o meglio dalla profonda sensibilità del cantante-chitarrista Daniel Gildenlöw, e considerato da molti come il punto di maggior splendore del cammino musical-lirico della band. Ma l’album si chiama “Scarsick” e non “The Perfect Element Part 2”, obietterete giustamente. Ed ecco che l’integrità artistica di una band tanto artisticamente fenomenale quanto poco avvezza a giochetti commerciali prende il sopravvento. Come ha rivelato lo stesso Daniel questo album deve splendere di luce propria e non sarebbe stato giusto attirare i vecchi fan con facili lustrini. E state certi che “Scarsick” di luce propria ne ha da vendere, essendo da una parte elemento di novità rispetto all’ultimo (stupendo ma difficile) “Be”, e recuperando alcune delle trovate più geniali del passato della band, attualizzate alla sensibilità di oggi dei quattro svedesi. Abbiamo quindi le parti simil-rap di “Scarsick” e “Spitfall”, la vera e propria prosecuzione di “Used” presente su “The Perfect Element 1”, ma assistiamo anche alla vera e propria consacrazione della voce di Daniel, una delle più belle della attuale scena metal, capace di schiaffeggiarci con la sua violenza espressiva ma anche di consolarci con la sua infinita delicatezza. “Cribcaged” a tal proposito è capace di evocare immagini stupende, come se la spensieratezza della gioventù (per chi ne ha avuta una) ci si ripresentasse vivida davanti agli occhi. E’ interessante a questo punto dell’album constatare come le strutture si siano lievemente semplificate, ed è questo uno dei veri punti di forza di questo “Scarsick”. Un duo come “America” e “Disco Queen” colpisce proprio per la sua immediatezza, che fa da contraltare ad una pungente satira lirica, scagliata contro le ipocrisie del mondo occidentale e contro la prostituzione dell’anima, ben rappresentata dalle sonorità tipicamente disco music della seconda song, dotata di un grandissimo appeal nonché di una grandissima carica polemica. Cambiamo lato, ci spostiamo nel fittizio ‘side b’ e grazie a “Kingdom Of Loss” ci si schiude un mondo abbastanza dissimile dalle song appena ascoltate: un pezzo soffuso e stratificato, evidentemente punto cruciale nell’economia del concept, a giudicare dell’attenzione riposta dalla band verso il lato lirico. “Mrs Modern Mother Mary” ed “Idiocracy” ci colpiscono per via dell’uso moderato ma incisivo delle chitarre ribassate, attraverso la serpeggiante “Flame To The Moth” (spaventosa nelle sue molteplici anime) verso la conclusiva “Enter Rain”, vera camera di decompressione, essendo così maledettamente affascinante e suadente, nella sua apparente semplicità. A questo punto l’album è finito, le domande cominciano ad affollarsi nella nostra testa, e la voglia di riascoltarlo per avere qualche certezza in più è davvero tanta. Senza accorgercene ci ritroviamo “Scarsick”, poi “Spitfall” e tutte le altre ancora nelle orecchie, oltre che nella testa. L’ennesimo capolavoro di una band che, dopo aver più volte bussato alla porta dei grandi, ha guadagnato il suo ingresso col sudore della fronte, lasciando ad altri le scelte di marketing. A tutti coloro i quali non sanno di chi stiamo parlando, sentiamo di rivolgere un semplice consiglio: è ora di cominciare ad amarli, questi Pain Of Salvation.