PAINKILLER – Samsara

Pubblicato il 03/12/2024 da
voto
7.5
  • Band: PAINKILLER
  • Durata: 00:40:36
  • Disponibile dal: 16/11/2024
  • Etichetta:
  • Tzadik

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Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta i Napalm Death escono definitivamente dal periodo puramente grindcore, rivoluzionando la propria line-up ed avvicinandosi al death metal con la dipartita di Dorrian e Steer. Il 1991 è poi l’anno dell’abbandono di Mick Harris, che lascia non solo la band ma decide di abbandonare quasi definitivamente il metal, in nome di un percorso artistico libero al cento per cento.
A detta sua, la consapevolezza che il suo viaggio musicale dovesse prendere una strada totalmente diversa da quella che era stata fino a quel momento coincide con l’incontro tra lui, Bill Laswell e da un John Zorn talmente folgorato dallo stile anarchico e devastante dell’ex Napalm Death da dare vita nel 1989 ai Naked City. Il trio, che prenderà il nome PainKiller, pubblica in meno di un anno “Guts Of A Virgin” e “Buried Secrets”, due lavori diventati leggendari e figli di due differenti jam session, che fondono due mondi apparentemente opposti come il jazz e il metal.
Diciamo ‘apparentemente’ perchè le frange più sperimentali e libere del jazz hanno, con la loro volontà di rompere gli schemi e le strutture standard del genere, più di un punto in comune con il metal più estremo, tanto da risultare entrambe indigeste ai fruitori della musica cosiddetta pop.
Come un “Interstellar Space” di Coltrane passato attraverso la decadenza delle metropoli moderne, il concept di un progetto come i PainKiller nasce dalla volontà di far coesistere la follia del grindcore con l’anarchia del free jazz in un unico vortice, rendendo il tutto un qualcosa di spesso insostenibile e quasi mai sentito prima. I PainKiller, in parallelo con l’evoluzione musicale di Harris perderanno poi la parte grind per prendere una piega sempre più vicina a dub e alla musica illbient, concludendo la propria carriera in studio col nerissimo “Execution Ground”.
Almeno questo è quello che credevamo fino a Novembre del 2024, in cui venne annunciato a sorpresa “Samsara” il primo album del trio da esattamente trent’anni.
Sebbene la formazione dei primi due lavori sia tornata insieme (dopo l’alternarsi di musicisti vari ed eventuali in occasione delle poche e selezionate apparizioni dal vivo), il modus operandi che ha portato a questo nuovo capitolo si presenta drasticamente diverso, vuoi per le possibilità tecnologiche di oggi, vuoi per la salute precaria di Laswell, da anni alle prese con una malattia del sangue che lo ha debilitato non poco.
“Samsara” riprende il discorso di “Execution Ground”, amplificandone la parte elettronica e creando di fatto un taglio netto e definitivo col passato, eliminando qualsiasi parte ritmica suonata in favore di quei beat pesanti e asfissianti a cui ci ha abituato Harris negli ultimi due decenni sotto il nome Scorn.
Quaranta minuti suddivisi in otto movimenti che mescolano il sax dissonante di Zorn con il suono freddo e distorto della drum machine di Mick, il tutto avvolto dal basso rotondo e profondo di Laswell in un delirio di non facile assimilazione, specialmente per chi non è abituato a certi tipi di crossover musicali.
Tutti i brani partono dalle idee ritmiche che il batterista inglese ha poi spedito ai due americani, i quali hanno provveduto a costruirci sopra le loro parti in una specie di jam session in remoto: visto il risultato finale, tale lavoro di composizione e costruzione funziona alla grande, specie nei momenti più cupi come “Samsara IV” o “Samsara VII” che si alternano ad altri più frenetici (capaci di ricordarci i Techno Animal) come “Samsara I” o Samsara VI”, veramente devastanti.
L’unico limite di un disco come questo può essere, per molti, la sensazione di trovarsi di fronte a una lunga improvvisazione in cui i musicisti, in pieno spirito jazz, viaggiano a ruota libera, senza preoccuparsi troppo di dare strutture vere e proprie.
Un monolite in cui i vari movimenti si discostano tra loro più per l’atmosfera che creano piuttosto che per la parte musicale vera e propria, ma dal canto suo è esattamente questo il fine ultimo di un progetto come i PainKiller e anche questa volta i tre hanno, nuovamente, fatto centro.

TRACKLIST

  1. Samsara I
  2. Samsara II
  3. Samsara III
  4. Samsara IV
  5. Samsara V
  6. Samsara VI
  7. Samsara VII
  8. Samsara VIII
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