8.0
- Band: PALLBEARER
- Durata: 00:50:56
- Disponibile dal: 17/05/2024
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Sono ormai passati dodici anni dal debutto dei Pallbearer, e molte cose sono cambiate. Tante cose variano in dodici anni, e chi si ritrova ad essere la stessa persona del 2012 molto probabilmente non si rende in realtà conto di non esserlo.
In questo senso, la musica del nuovo disco della band di Little Rock, Arkansas, ha un che di umano, nella sua evoluzione, nelle sue figure, difformi, sì, dagli esordi, ma figlia della stessa penna in maniera evidente.
Certo, prendendo “Sorrow And Extinction” e questo “Mind Burns Alive” forse troviamo ben poche affinità tra quello che erano e quello che sono i Pallbearer: ma riascoltando i quattro album precedenti, ecco che un percorso, un tracciato, sembrano formarsi, le rughe sotto gli occhi iniziano ad assumere un significato, certe sfumature ammorbidite trovano un loro senso, una loro posizione nel mondo.
Può lasciare interdetti, certo: “Mind Burns Alive” è un disco che fa apparire i Pallbearer del 2024 una band più compassata, meno vivace forse, della loro versione giovanile. La lentezza c’è sempre stata, nella musica dei quattro, ma mai quanto ora la cinica tristezza disegnata dalla band si ammanta di riflessività, vive di dilatazioni; i suoni si allungano, le distorsioni lasciano più spazio a sospiri che non a lamenti urlati al cielo.
Si soffre con un filo di voce, ma mai senza passione, in “Mind Burns Alive”, perché quando questa viene fuori lo fa con forza, i riff spuntano fuori, squarciano il silenzio con pesantezza, irruenti, rendono ancora più assordanti i momenti di quiete che pennellano i sei lunghi brani, tirati, tendenti a contorcersi in loro stessi. I suoni di questo disco sono ora profondi e gravi, ora docili, appena accennati, lievi, sensibili, talvolta nostalgici, ricercano le ispirazioni più disparate: Black Sabbath, Type O Negative, Pink Floyd, Rush, Miles Davis, Asunder, Anathema, certe velleità post rock alla Mogwai, il tutto su di una piattaforma sonora da godere appieno con delle buone cuffie o delle belle casse.
Sono cambiati, i Pallbearer del 2024, eppure si riesce a riconoscerli in pochi istanti, tanto sono riusciti a standardizzare il loro doom progressivo, malinconico e delicato, e anche con questa versione meno irruenta di loro stessi riescono a colpire nel segno. Si tratti di cimentarsi in brani più attinenti alle radici (“Endless Pain”, con la sua struttura rocciosa e il suo intermezzo col sax), o in rievocazioni settantiane che di metal forse hanno poco, come la struggente “Where The Light Fades” – che comunque colpisce con intensità – o l’ariosa “Daybreak”, ma che non per questo falliscono nel veicolare un senso di dolore con dei tocchi leggeri.
O ancora, la conclusiva “With Disease”, forse riassunto ideale di tutte le ultime vicende che hanno coinvolto i Pallbearer, risulta un brano completo e capace di fungere da summa dell’operato degli americani, riprendendo le varie forme e comprimendole in una decina di minuti.
Un disco come questo richiede una capacità d’attenzione non da poco per svelare tutti i suoi piccoli segreti, e forse anche una certa predisposizione al genere, ma riesce a coinvolgere già al primo giro sul lettore. I Pallbearer, ancora una volta, riescono a far emergere la qualità della propria proposta al di là del (sotto)genere suonato, e sebbene “Mind Burns Alive” rischi di lasciare qualche amaro in bocca agli orfani della prima versione della band (ma quelli avranno abbandonato la barca già un paio di dischi fa), ha tutte le potenzialità per sorprendere e premiare chi deciderà di farsi catturare dai tratti solo in apparenza tenui che marcano questa nuova tela.
Un gruppo che sembra non voler sbagliare un disco.