7.5
- Band: PARADISE LOST
- Durata: 00:42:41
- Disponibile dal: 01/09/2017
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Il tempo scorre inesorabile, ma Greg Mackintosh, Nick Holmes e compagni sanno sempre come toccare le corde giuste. In questo nuovo capitolo dell’avventura targata Paradise Lost ci sono ancora una volta calore, vitalità e la giusta voglia di celebrare una carriera ricca di soddisfazioni, senza troppo autocompiacimento, ma bensì con quel sempre apprezzabile desiderio di mettersi in gioco e di lavorare egregiamente su una materia – quella gothic, death e doom metal – assolutamente ben conosciuta e, spesso, pure insegnata. Come già era successo di recente e, in particolare, sull’acclamato “The Plague Within”, la band è capace di guardare al passato senza per questo perdere il treno del presente e ciò, dopo tutti questi anni, non è affatto un risultato da poco. Il clamoroso traguardo del quindicesimo full-length in studio viene festeggiato dai cinque con un’opera particolarmente tenebrosa e profonda: rispetto all’approccio più variegato e ritmato del suo predecessore, “Medusa” emerge alla distanza, privilengiando trame lente e pesanti e una scrittura che – proprio come quella di un “Gothic” o di uno “Shades Of God” – non bada ad entrare per forza in circolo fin dal primo ascolto. Dopo essersi guardati dentro e avere riscoperto due anni fa la loro anima più severa con un brano come “Beneath Broken Earth”, i Paradise Lost con questo nuovo album si riappropriano definitivamente della loro tradizione doom e lo fanno in un modo molto evidente e consapevole, cercando sì l’interazione con il gothic e il death metal, ma restando quasi sempre decisamente solenni. Il gruppo però non si snatura: avendo ben presente il percorso che li ha portati a questo punto, i britannici (e finlandese) evitano di risultare troppo sfiancanti e ripetitivi, mantenendo saldi i punti fermi della carriera, su tutti il buon uso della classica forma canzone, la capacità di sintesi e la puntualità delle melodie. Il risultato è un disco che non cerca tanto il singolo e che, anzi, si muove gravemente chiedendoci lo “sforzo” di ascoltarlo sempre con attenzione e nella sua interezza; le varie fruizioni, tuttavia, presto sveleranno la proverbiale capacità della band di unire al meglio registri e influenze, passando con disinvoltura da momenti cupi (la magistrale “Fearless Sky”) ad altri un poco più vivaci e carichi di groove (“From The Gallows”, “Blood & Chaos”). Probabilmente “The Plague Within” nel complesso poteva vantare una performance strumentale più curata e un songwriting maggiormente avvincente (anche per la precisa volontà di dare alla tracklist un taglio particolarmente eterogeneo), ma, come accennato in apertura, “Medusa” riesce comunque a fare la sua bella figura: anche tenendo conto di un episodio oggettivamente piatto come “No Passage for the Dead”, il materiale trasmette tanta voglia di andare avanti, di proseguire un cammino e di mantenere la propria musica interessante per i propri fan e soprattutto per se stessi. Difficile non riservare a questi gentlemen l’ennesimo posto di rilievo nel gotha della scena metal mondiale.