6.5
- Band: PARAGON
- Durata: 00:51:06
- Disponibile dal: 08/11/2024
- Etichetta:
- Massacre Records
Spotify:
Apple Music:
Erano ben cinque anni che i Paragon non si facevano sentire, a seguito del precedente buon disco “Controlled Demolition”, dato alle stampe nel 2019. Il gruppo ha addirittura rischiato di sciogliersi quando ha dovuto attraversare i tempi bui della pandemia, con alcuni brani già pronti e poche prospettive verso un futuro incerto. E ciò ha portato a dei dolorosi cambi di line-up, ora superati con l’ingresso del nuovo batterista Jason Wöbcke. Ma non è certo bastata una pausa così lunga e le tante difficoltà da superare, per far ricredere il gruppo tedesco sul proprio impatto e sulla vocazione sempre fedele al classico metallo teutonico, di quello più duro e mastodontico. Ed infatti questo nuovo “Metalation” segue alla perfezione ciò che il gruppo ci aveva fatto ascoltare in precedenza, con un heavy-power aggressivo e corposo che deve tanto a band quali Grave Digger, Running Wild e primi Blind Guardian.
Una band che non ha mai raggiunto il grande pubblico e che nel tempo ha probabilmente peccato di poca personalità, ma che non ha mai fatto mancare una dose massiccia di dedizione. Già dalla partenza, i Paragon mettono in chiaro le cose, spingendo il piede sull’acceleratore per dare vita a “Fighting The Fire”, un pezzo terremotante come ci si aspetta da una band come questa. La produzione è affidata alle mani sapienti di Piet Sielck, maestro quando si tratta di questo tipo di sonorità; in particolare – come nei suoi Iron Savior – per quanto riguarda la cura dei cori ed il suono di chitarroni dal tocco potente e a tratti moderno, come abbiamo imparato con la sua band, seppur i Paragon siano più tirati ed aggressivi, anche dal punto di vista delle chitarre.
L’ugola di Andreas “Buschi” Babuschkin è grezza e rocciosa e potrebbe, anche solamente in parte, ricordare quella di un primo Hansi Kursch, adattandosi piuttosto bene all’impatto sonoro della band tedesca. Pensando ai sempre conterranei Accept, arriva decisa la spigolosa “Slenderman”, altro brano diretto da sparare a tutto volume dalle casse. “Battalions” continua a testa bassa su ritmi medio-alti con chitarre possenti che portano al classico ritornello melodico. In effetti, rispetto alla precedente release, in questo disco i Paragon sembrano voler colpire con cori e refrain maggiormente impattanti. Una bella mazzata sui denti arriva comunque con “MarioNET”, che costruisce le sue fondamenta tra colate di thrash metal salvo poi presentare un coro bello pieno alla Grave Digger.
Tra i momenti da ricordare, anche le atmosfere più oscure di “Burn The Whore”, che esplode su un refrain più incisivo che strizza l’occhio proprio agli Iron Savior, scorrendo sulle note detonanti del basso suonato da Jan Bünning e sull’approccio vocale ancora più ruvido di Andreas. Infine l’inno metallico della title-track, banale forse, ma perfetto da detonare in sede live.
I Paragon ci mettono nella situazione, come succede d’altronde con molti altri loro colleghi, di dover valutare un disco che non presenta alcuna forma di originalità al suo interno, ma che rimane fedelissimo a ciò che il gruppo ha sempre proposto. Questo da una parte può essere un’ancora di salvezza alla quale affidarsi da parte dei fan, dall’altra potrebbe risultare una formula un po’ troppo ripetitiva per molti altri. Ciò che è certo è che “Metalation” è un disco potente, roccioso ed aggressivo e che possiede, in alcuni momenti, il giusto mordente melodico; insomma, è tutto ciò che si può volere da un disco dei Paragon. Una band che rimarrà sempre nel limbo, mai capace di dar vita a lavori sopra le righe, ma costantemente alfiera di questo heavy metal teutonico fumante e corposo che è sempre un piacere azionare ad ogni loro nuova release.