8.5
- Band: PARKWAY DRIVE
- Durata: 00:48:44
- Disponibile dal: 25/09/2015
- Etichetta:
- Epitaph
- Distributore: Self
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Byron Bay, Estate 2015. La spiaggia deserta, il vento che soffia sempre più forte, il mare mosso, quasi in tempesta, e loro lì, pronti a cavalcare l’onda perfetta, seguendo le regole del surfista: sguardo sempre rivolto in avanti ed equilibrio perfetto tra le diverse forze centripete, in bilico sulla cresta dell’onda con il sorriso stampato sulla faccia e tutto quanto alle spalle, come dei puntini in lontananza. Loro sono ovviamente i Parkway Drive e l’onda perfetta è quella di “Ire”, quinto full-length pronto a schiumare sulla scena metalcore del continente vecchio e nuovo, sfidando la forza di gravità nel bilanciamento tra tanti elementi diversi (heavy metal, nu-metal, metalcore, hard-rock, folk…), mentre sullo sfondo le figure rimaste a riva (Trivium, Bullet For My Valentine, As I Lay Dying, Shadows Fall..) si fanno sempre più sfocate. E’ un’onda che sale subito, sferzando le nostre orecchie con “Destroyer” e “Dying To Believe”- immaginate i Five Finger Death Punch catapultati con la macchina del tempo nel tour di “Somewhere Back In Time” – salendo poi d’intensità con l’esaltante cavalcata di “Vice Grip”, ovvero il pezzo perfetto per trasformare il pit in un ippodromo, e toccando l’apice con “Crushed”, ideale anello di congiunzione tra “Last Resort” dei Papa Roach, le atmosfere sulfuree degli Slipknot e l’epica marziale dei Rammstein di “Ich Will” (oltre che video dell’anno per chi scrive). Dopo simili cavalloni, ben vengano il piccolo trotto di “Fractures”, richiamo al recente passato con i classici ‘Oh-ooh-ooh-oh‘, e lo sciabordio symphonic-nu di “Writings On The Wall”, pezzo carico di groove nonostante orchestrazioni degne dei Nightwish (anche se ritmicamente scopiazzata da “Write About Us” dei King 810). Si torna su lidi più metalcore – anche se ogni tanto Winston McCall e Luke Kilpatrick, manco fossero in ‘Point Break’, tornano a indossare le maschere di Zack De La Rocha e Tom Morello – con “Bottom Feeder” (la loro “Smooth Criminal”, oltre che pezzo perfetto per un vortice nel pit ) e “The Sound Of Violence” (un mix tra “Deep Blue” e “Chelsea Smile”), prima di consumare la suola delle infradito sotto i colpi di “Vicious”, sorta di anthem a là Bon Jovi in versione mosh. Frangiflutti (e transenne) ancora a rischio con la le ritmiche pestone di “Dedicated” (con annessa dedica ‘fuck the haters, this one’s for you‘), prima che la semi-ballad acustica “A Deathless Song” si stagli come il tramonto all’orizzonte, placando le acque dopo quasi tre quarti d’ora di mare in tempesta. Dieci anni dopo “Killing With A Smile”, la maturazione dei Parkway Drive – da ennesimi fenomeni di MySpace ad ‘una delle band cui affidare il futuro del metalcore‘, insieme agli August Burns Red e pochi altri – può dirsi compiuta, senza mutazioni genetiche e piroette stilistiche; come sempre in questi casi, ci sarà chi storcerà il naso e volgerà le spalle, ma la risposta migliore (più del #1 nelle classifiche australiane) è quella che arriverà in sede live, dove l’onda d’urto è solita trasformarsi in onda lavica. Nell’attesa, meglio preparare le mute gonfiabili e scaldare le corde vocali al grido di ‘CRUSHED BY THE FIST OF GOOOOOOOOD’!