7.5
- Band: PATRIARKH
- Durata: 00:40:27
- Disponibile dal: 03/01/2025
- Etichetta:
- Napalm Records
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Per i meno attenti tra voi, il nome è Patriarkh, l’etichetta è Napalm, ma sotto queste due novità batte il cuore della nuova incarnazione degli ex Batushka. Dal punto di vista legale, come testimoniato dal cambio di moniker, si tratta appunto della band ‘sconfitta’ nelle aule di tribunale; come noto, è stato il chitarrista e compositore Krzysztof Drabikowski a garantirsi il diritto all’utilizzo del nome, anche se – malignamente – viene da notare come siano stati solo il titanico Bartłomiej Krysiuk e i suoi sodali a portare avanti, dopo il 2019, il progetto a livello di uscite discografiche; certo, magari non memorabili, ma alla cui continuità tengono sinceramente, come testimoniato anche dalla ristampa di “Hospodi”, giunta qualche mese fa, sotto il nuovo nome.
Dopo il necessario sunto, possiamo parlare di questo nuovo “Пророк Илия” (ossia “Profeta Elia”): esso procede nel canone tematico della band originaria, raccontandoci la storia vera di Eliasz Klimowicz, un contadino di Grzybowszczyzna, nell’area di confine tra Polonia e Bielorussia, che negli anni Trenta del Novecento assunse fama locale come santo; illetterati che fondano nuovi gruppi, o che vivono da eremiti ammantati da aura di unti del Signore (i cosidetti ‘Stolti in Cristo’) sono da sempre parte del sottobosco ortodosso, e il fascino di queste figure – almeno per chi scrive – è un buon punto di partenza per un disco che, va detto, rinverdisce a sufficienza il valore dei Bat…, ehm dei Patriarkh.
Gli otto capitoli che vanno sotto il nome di “Wierszalin”, dal nome del villaggio utopico fondato dallo stesso Elia e dai suoi seguaci, raccontano la storia di un accolita di pazzi, visionari, sognatori, oppositori del regime, nostalgici appassionati. Alla naturale componente black, che si muove sempre sui binari atmosferici già tracciati nei dischi precedenti e da diverse altre band di area est-europea in anni recenti, si somma il consueto amore per linee vocali elaborate che si rifanno alle varie forme di canto tradizionale/religioso locali. Esplode poi con particolare forza una componente folk più marcata, che accentua il senso di narrazione e di partecipazione per le vicende umane del Porfeta e della sua corte dei miracoli.
Ci sono brani più cadenzati e marziali (“Wierszalin II”), altri dotati di una componente mistica e visionaria non indifferente (“Wierszalin III”. Brani completamente riconducibili alla musica tradizionale (“Wierszalin VI”), e ovviamente momenti ammantati di una potente aura mistica, che però non si assesta sulla trita ripetizione di quanto fatto agli esordi (“Wierszalin V”); e le ultime due, più corpose tracce, confermano anche la capacità di sintetizzare al meglio anime così diverse. Arrangiamenti sinfonici, cori maestosi, riffing furioso, una versatilità vocale su cui Padre Bart non ha mai deluso: gli elementi portanti ci sono sempre, insomma.
Sono probabilmente anni che l’effetto sorpresa si è perso, ma quello che mostra “Пророк Илия” è una band matura, o maturata attraverso le difficoltà, che non cerca più di stupire con un ritualismo fine a se stesso; e che in questo modo riesce a ricostruire, pur restando nei suoi binari naturali, una sua dignità e a donarci un ascolto coinvolgente. Un risultato non scontato.