PEARL JAM – Vitalogy

Pubblicato il 30/12/1994 da
voto
9.5
  • Band: PEARL JAM
  • Durata: 00:55:30
  • Disponibile dal: 06/12/1994
  • Etichetta:
  • Epic

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Strana cosa, il successo. C’è chi lo insegue per anni, salvo poi poterlo assaporare solo per un attimo prima di tornare nell’oblio – basti pensare elle tante band glam metal messe sotto contratto major sul finire degli anni Ottanta – e chi invece si trova suo malgrado travolto improvvisamente dall’esposizione mediatica, facendo poi di tutto per uscirne arrivando fino alle conseguenze più estreme.
Nel caso dei Pearl Jam, il lancio nel firmamento è frutto di una serie di circostanze interconnesse – la tragica scomparsa del cantante Andrew Wood che pone fine ai Mother Love Bone, band in cui militavano Stone Gossard e Jeff Ament; il successivo reclutamento di Eddie Vedder su suggerimento del batterista dei Red Hot Chilli Peppers; la registrazione di “Ten”, di fatto già composto come seguito di “Apple” ed uscito un mese prima di “Nevermind” – il cui effetto è quello di creare una diarchia a Seattle che vede salire sul trono Nirvana e Pearl Jam.
Se il successivo “Vs.” mostra già i primi sintomi della crisi di rigetto, con il rifiuto di girare video per i singoli e una battaglia contro Ticketmaster arrivata fino al Congresso, nel 1994 la tensione tra i cinque membri della band è alle stelle, con Eddie Vedder sempre più sotto pressione come uomo copertina e il licenziamento del batterista Dave Abruzzese, sostituito proprio da quel Jack Irons che aveva contribuito alla nascita della band quando suonava nei Peperoncini.
Registrato durante il tour di “Vs.” con il fido Brendan ‘O Brian, “Vitalogy” si presenta come l’album più eclettico della band fin dall’artwork, ispirato ad un libro di medicina del ventesimo secolo, e riesce ad entrare da subito nella Billboard 200 nonostante un’uscita iniziale solo in vinile, salvo poi vendere quasi un milione di copie nella prima settimana di disponibilità del formato CD, pur in assenza di una hit trainante e nonostante il sempre più evidente distacco dal Seattle Sound.
Se il filo conduttore del disco è il passaggio dalla vita alla morte (dal suicidio dell’iniziale “Last Exit” alla conclusiva “Immortality”), dal punto di vista musicale il repertorio è più che mai variegato, spaziando dal rock punk selvatico di “Spin The Black Circle” (un omaggio al vinile) e “Whipping” ad alcune tra le migliori ballad del loro repertorio, tra cui la dolceamara “Nothingman” e l’ancora più sognante “Better Man”, composta da Vedder ai tempi del liceo ed originalmente registrata per “Vs.”.
Dal blues-rock di “Not For You” alla psichedelia ritmica della beatlesiana “Tremor Christ”, passando per le frustate ritmniche di “Satan’s Bed”, non c’è qui un frammento fuori posto – compresi gli strampalati esperimenti di “Bugs” e “Aye Davanita” fino alla jam session psichiatrica di “Hey Foxymophandlemama, That’s Me” – anche se due tracce in particolare spiccano: se “Corduroy” ricorda “Reviewmirror”, oltre ad essere l’ennesimo atto di accusa di Vedder ad un sistema che rivende a caro prezzo la copia di una sua giacca comprata a pochi dollari, “Immortality” è un’altra ballad a metà tra Neil Young e il Cobain in versione unplugged, per quanto ogni legame con la scomparsa dell’amico Kurt sia sempre stata negata dall’autore.
Probabilmente il disco più maturo ed eclettico nella discografia dei Pearl Jam, “Vitalogy” insieme a “Ten” e “VS.” rappresenta una trilogia con pochi eguali nella storia del grunge e non solo.

TRACKLIST

  1. Last Exit
  2. Spin The Black Circle
  3. Not For You
  4. Tremor Christ
  5. Nothingman
  6. Whipping
  7. Pry, To
  8. Corduroy
  9. Bugs
  10. Satan's Bed
  11. Better Man
  12. Aye Davanita
  13. Immortality
  14. Hey Foxymophandlemama, That's Me
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