7.5
- Band: PENTAGRAM
- Durata: 00:52:05
- Disponibile dal: 31/01/2025
- Etichetta:
- Heavy Psych Sounds
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Dopo oltre cinquant’anni di carriera (fa un certo effetto, scriverlo!) e una storia segnata da diverse vicissitudini, i Pentagram tornano con “Lightning In A Bottle”, un album che riafferma con decisione la loro rilevanza nel panorama doom metal.
La band dell’inossidabile Bobby Liebling, la cui voce sembra non invecchiare mai, riesce nell’intento di confezionare un lavoro solido e ispirato, che pur richiamando vistosamente le radici sabbathiane del genere, mantiene intatta l’identità distintiva del gruppo, e una sulfurea area di dannati del metallo.
Il sound è denso, grosso, ma riesce ad essere anche ben calibrato e snello, grazie anche a una formazione che, nel rinvigorire le file degli statunitensi con forze fresche, sembra aver trovato un equilibrio ben piantato tra tradizione e attualità, restituendo ai Pentagram un’energia rinnovata e in linea con il presente.
Brani come “Live Again” e “Thundercrest” colpiscono per tiro e per delle gustose sortite sulle sei corde ispirate, a volte smaccatamente, alla scuola Tony Iommi: riff incisivi, ritmi serrati, un groove capace di non risultare datato, e brani sfiziosi e spiritati come “Walk the Sociopath”, col suo andamento minaccioso e una struttura ritmica ipnotica.
Insomma, il disco, si regge su delle solide basi heavy doom, tra asprezze di matrice prettamente hard rock e brani più cadenzati e ‘drogati’ come “Lady Heroin” (un blues oscuro e sofferto con grande carica emotiva) o più marziali e arrembanti come “I Spoke to Death” (episodio d’impatto, costruito su dinamiche avvolgenti e un cantato carico di pathos). Da citare l’apporto della produzione, curata da Tony Reed dei Mos Generator – anche alla chitarra –, che ha il suo ruolo in questa buona riuscita: il suono è potente ma essenziale, in grado di valorizzare ogni sfumatura senza appesantire la resa complessiva.
Con “Lightning In A Bottle” i Pentagram non compiono nessun miracolo ma lo fanno bene, non cercano di innovare (ci mancherebbe); vivono di luci passate, certo, ma riescono a non perdersi in formule stantie, dimostrando di sapersi ancora imporre con l’autorevolezza imposta al nome che portano, e fondamentalmente a far divertire, senza per forza dover comporre capolavori.
Un ritorno avvincente, che aggiorna la leggenda senza tradirne lo spirito.