
6.5
- Band: PERCOSSA FOSSILE
- Durata: 00:46:57
- Disponibile dal: 06/06/2025
- Etichetta:
- Go Down Records
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C’è un motivo per cui vale la pena rizzare le antenne ogni volta che la Go Down Records mette sotto contratto una nuova band, in questo caso i Percossa Fossile al debut con “Magnitudo”. Tutto ciò non è legato solo ai nomi storici che soggiornano del roster attuale dell’etichetta italiana (giusto per citarne un paio: Yawning Man e Fatso Jetson, i veri padrini dello stoner) ma anche alla capacità di questa di cercare nel sottobosco underground di tutto ciò che comprende la psichedelia, che ha permesso negli ultimi anni di riscoprire, o scoprire, numerose chicche, nonché lanciare anche qualche formazione (ad esempio i Bosco Sacro), compreso il trio di cui parliamo oggi, a base di alternative, psichedelia e tempi dispari.
I padovani Percossa Fossile, infatti, non fanno mistero del loro amore per il progressive, ma anche per il post-punk e l’alternative alla Freak Kitchen, con un album che si configura sin da subito su toni ironici e dissacranti con “WC”, dove a risaltare è subito la voce di Axel Franco (anche sul quattro corde), quasi uscita proprio dal pop punk anni ’90, ma con la chitarra di Pietro Salmaso decisamente aggressiva e in grado, insieme alla batteria di Mattia Gobbo, di intrecciare folli danze a metà fra gli Offspring e i momenti più pesanti del prog degli ultimi decenni.
Sebbene tecnicamente siamo a ottimi livelli, anche con la successiva “Cöins” e i suoi giri di chitarra a spirale, o con la serjtankiana “Droga” e i suoi riff di basso, quello che forse manca è un suono bello pieno e che consenta al lavoro di avere una certa tridimensionalità, che resta invece appiattita da una registrazione non sempre di ottimi livelli.
Le atmosfere si snodano fra uno scanzonato college punk e una psichedelia marcata anche in pezzi come “Down”, decisamente uno dei momenti più heavy del lotto, mentre i Queens Of The Stone Age fanno capolino nell’ossessiva ritmica di “Nora”. Non sappiamo, poi, se quella di mettere tre tracce in fila con il titolo del disco sia stata una scelta per evitare che ne uscisse un pezzo unico, ma fra folli momenti di blast-beat e altri momenti legati più alle “Desert Sessions”, il disco si va a chiudere con la terza parte del brano in un’orgia di cimbali e improvvisazione che farebbero probabilmente felice Robert Fripp.
Alla fine, questa schizofrenia così marcata può essere letta in due modi: da una parte il modo di fare di un collettivo di musicisti evidentemente alla ricerca del non conforme, ammiccante all’alternative dei primi anni Duemila, ma non senza un occhio di riguardo per la sperimentazione anni Settanta; dall’altra, un disco che potrebbe sembrare troppo acerbo, con una serie di idee che poco si amalgamano fra loro.
Seppur ci troviamo dunque di fronte al lavoro di tre musicisti con davvero un gran talento, manca ancora qualcosa per far svettare i Percossa Fossile in un panorama musicale affollato e variegato, specialmente dal punto di vista di tutte le correnti che i Nostri cercano di intercettare.
Se, però, vi piacciono la psichedelia e la sperimentazione e, sotto sotto, avete ancora nell’armadio la t-shirt dei System Of a Down, “Magnitudo” potrebbe decisamente rallegrarvi la giornata.