7.0
- Band: PERIPHERY
- Durata: 01:04:04
- Disponibile dal: 07/22/2016
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Dietro al successo che innegabilmente i Periphery stanno raccogliendo negli ultimi quattro anni c’è soprattutto un grande presenzialismo e un totale diniego al rimanere con le mani in mano… dal 2012 infatti, l’anno di uscita di “Periphery II: This Time Is Personal” non siamo rimasti mai a corto di notizie o uscite discografiche da parte della progressive band di Bethesda. Subito l’anno successivo infatti il ricco EP “Clear” ha fornito ai fan un numero inaspettato di inediti, che hanno contibuito a consolidare lo stile ancora in fase di definizione della band. Nel 2014 hanno poi tenuto banco i vari singoli e le anticipazioni del doppio CD “Juggernaut”, che alla fine ha toccato gli scaffali a inizio 2015 con i suoi due capitoli “Alpha” e “Omega”. Nel 2016 arriva questo “Periphery III: Select Difficulty”, disco che si pone in continuità almeno a livello di titolo con il già citato disco del 2012, ma che in realtà ci sembra più che altro un estremizzazione ed incrudimento delle caratteristiche su cui i Nostri hanno finora lavorato con molto equilibrio ed entusiasmo. E’ infatti un disco composto di ‘estremi’, in cui troviamo entrambe le anime dei Periphery (il lato tecnico e violento e quello melodico e radiofonico), ma separate, calate cioè singolarmente in ogni canzone. In parole povere, il lato più tecnico e aggressivo del djent con cui sono diventati famosi i Nostri viene declinato su alcune tracce senza alcuna o poca concessione a ritornelli più catchy o melodici; per contro alcuni brani rimangono invece del tutto accessibili e conditi di smaccata radiofonicità, rimanendo però privi del mordente fornito dalle parti più dure. Un disco con due anime quindi, tanto come “Alpha” e “Omega” per dire, ma in cui queste tendenze sono state tenute separate, e spinte ciascuna in direzioni opposte. L’effetto è quello di un album genuinamente eccitante e sinceramente coinvolgente, ma che risulta un po’ strano sotto l’aspetto dell’assunzione continuativa: alcuni momenti infatti ‘staccano’ un po’ troppo gli uni dagli altri. Cogliamo infatti un impressione ben precisa sul disco dai suoi primi minuti, grazie al doppio calcio nelle palle dell’accoppiata “The Price Is Wrong” e “Motormouth”, fameliche creature djent che ci distruggono timpani e ossa con una successione vorticosa di harsh vocals e politiritmie alle chitarre, ma per dire traiamo un impressione completamente diversa dall’ascolto della successiva “Marigold”, arioso brano dalle ottime melodie condito peraltro di ricche orchestrazioni non più solo sintetiche. Se “The Way The News Goes” sembra poi voler proseguire sullo stesso registro, mettendo Sotelo bene in vista sopra gli altri strumenti, con “Remain Indoors” assistiamo invece a una certa inversione di tendenza, grazie ad alcune intricatezze strumentali che riportano sotto i riflettori l’incredibile tasso tecnico del gruppo. “Habitual Line-Stepper” bacia nuovamente il lato pesante della musica dei Periphery col suo pachidermico incedere, mentre la mazzata “Flatline” cerca di sbollentare un po’ la crudezza del sound generale in vocals forse non così tirate come la traccia prima. Di colpo però il disco si fa nuovamente ruffiano e accessibile grazie alla splendida “Absolomb” (la nostra preferita, affianco a “Marigold”) e tale rimane con “Catch Fire”, l’episodio più semplice e commerciale del lotto. Solo sul chiudere dell’album troviamo due brani in grado di unire un po’ il volto bianco e il volto nero dei Periphery in uno solo, e così “Prayer Position” risulta violenta ma fruibile, mentre “Lune” è invece melodica ma con un importante e intricata base poliritmica sottostante. Si finisce l’ascolto esaltati ed emozionati come si era scritto sopra… ma con la curiosa impressione che, forse, stavolta la fretta ha fatto mancare la zona hot a questo disco. La qualità della musica, ci mancherebbe, è indiscutibile, e l’album di conseguenza è consigliatissimo a tutti, fan e non ancora fan… solo che alle volte su queste dodici tracce pare di sentire una selezione di quelle più accessibili di “Alpha” alternate in un unico disco con i momenti più violenti di “Omega”. Nella doppia uscita “Juggernaut”, questa separazione netta aveva un senso, ma su una sola ora di timing, ci sentiamo di sostenere che forse “Periphery II” ci sembrava un pelo più bilanciato e completo come album.