7.5
- Band: PERSEFONE
- Durata: 01:10:00
- Disponibile dal: /02/2008
- Etichetta:
- Burning Star
- Distributore: Masterpiece
Andorra: per caso sapete dov’è? Gli appassionati di geografia sapranno certamente che trattasi di un piccolo Principato abbarbicato sui Pirenei, proprio tra Francia e Spagna, ma con prevalenza di etnia catalana. Ebbene, questi Persefone provengono da lì e – stupore degli stupori – suonano un prog-death da leccarsi i baffi! Calma però, non pensate subito a nuovi Opeth, Orphaned Land, Into Eternity o quant’altro… I sei andorrani, giunti al secondo lavoro dopo “Truth Inside The Shades” del 2004, riescono a far ricordare un po’ tutti questi gruppi – e anche altri – senza però mai scadere in mere copiature o palesi riferimenti. Il loro death progressivo è parecchio virtuoso, grazie ai continui interventi solisti dei chitarristi Carlos Lozano e Jordi Gorgues e del bravissimo tastierista Miguel Espinosa, e spazia da un lato all’altro dello scibile metal con buona fantasia e ottime capacità. “Core” è un concept sulla storia di Persefone (o, appunto, Core), la Dea figlia di Zeus tentata dal signore degli Inferi Ade, e si dilata attraverso tre sezioni, denominate rispettivamente Sanctuary: Light & Grief, Underworld: The Fallen & The Butterfly, Seed: Core & Persephone. Essendo un disco concettuale, è d’obbligo una certa varietà di soluzioni che rispecchi in modo fedele il mood e gli avvenimenti della storia, però i Persefone non esagerano in questo senso e, pur fornendo una grande prova di eclettismo e poliedricità, un lieve difetto dell’album è proprio la carenza di un’ambientazione un po’ più intensa ed ispirata. Si parla di settanta minuti di prog-death – forse un po’ tanti da gestire – nei quali sezioni telluriche techno-death, episodi acustici, semi-ballad toccanti, accenni prog-rock, keyboards dal gusto sopraffino, dolci linee di pianoforte, voci pulite, scream, growl e femminili, si intrecciano in un affresco che conquista lentamente, giusto il tempo di tre-quattro ascolti fatti bene. La gestione dei suoni poteva essere migliore, soprattutto nella scelta di alcune parti di tastiera, un po’ troppo plasticose, però non ci lamentiamo troppo, in quanto il lavoro svolto dai Persefone è encomiabile. Alcune tracce sono veramente superbe – segnaliamo “Exiled To The Void”, “Released”, “A Ray Of Hope” e “Doubts Are Seed” – e non esistono vere cadute di tono, sebbene un minutaggio meno oppressivo sarebbe stato gradito. Un’ottima scoperta, quindi, che certamente avrà di che farci godere soprattutto in un futuro più maturo e consapevole. Se state aspettando il nuovo Opeth spasmodicamente, vi consigliamo come antipasto il qui presente “Core”. Bravi.