9.0
- Band: PESTILENCE
- Durata: 00:37:08
- Disponibile dal: 25/12/1989
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Self
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In concomitanza con l’uscita di una nuova ristampa sotto Hammerheart Records – patrocinata dal gruppo e valorizzata dal recupero dell’artwork originale – rispolveriamo uno dei più grandi classici del death metal europeo, quel “Consuming Impulse” che portò i Pestilence a smettere i panni di buona thrash metal band per indossare quelli di clamorosa realtà death metal pronta ad entrare nel firmamento del genere. Ognuno dei primi quattro capitoli della discografia della formazione è un evento di rara pregnanza, ma “Consuming…” è il vero punto di svolta della carriera dei ragazzi olandesi: si tratta infatti del primo disco in cui la determinazione e il talento di Patrick Mameli e compagni riescono ad emergere con prepotenza, manifestandosi in un lavoro di straordinaria concretezza e personalità. Servirà attendere ancora un paio d’anni per godere di quelle innumerevoli perle di techno-death metal venate di jazz/fusion, di ardito sperimentalismo e di quiete dimensioni meditative presenti su opere come “Testimony Of The Ancients” e “Spheres”: “Consuming…”, a livello di attitudine, è ancora radicato nel sound degli esordi e lo dimostrano piuttosto chiaramente le strutture dei pezzi, le quali si affidano spesso ad una formula asciutta che mira all’essenziale. Tuttavia, l’innegabile spinta thrash, ancora mutuata da un disco come “Malleus Maleficarum”, viene qui corroborata da un generale innalzamento della preparazione tecnica del quartetto, da un aumento della velocità di esecuzione e, soprattutto, da un enorme miglioramento nel songwriting. Non si può parlare di “Consuming Impulse” senza menzionare i riff di Mameli e del fido Patrick Uterwijk. Il lavoro di chitarra alla base dell’opera è semplicemente eccellente: la più pura ferocia pervade ogni riff, ma al contempo, dietro ogni passaggio, si percepisce un grandissimo lavoro di cesello; ogni singolo riff è un piccolo imperdibile evento, ogni cambio di tempo resta in mente al primo ascolto e il loro susseguirsi crea sempre strutture fresche e coerenti che rendono speciale ognuna delle canzoni. Persino i lievi tocchi di tastiera presenti in una traccia come “Suspended Animation” si rivelano perfettamente azzeccati e funzionali: non è da tutti impressionare con tali soluzioni, sulla carta estemporanee, in un album dominato dalle chitarre. Come accennato, qui la traiettoria dei Pestilence non è ancora particolarmente tecnica e astratta, tuttavia non vi sono dubbi sul fatto che davanti a noi vi sia una band fuori dal comune: la lucidità e il senso di equilibrio che emergono dalle dinamiche della formazione hanno pochissimi eguali nel circuito underground del 1989; in studio non c’è Scott Burns bensì Harris Johns (Kreator, Sodom), ma i ragazzi hanno studiato bene “Leprosy” dei Death e hanno sottoposto il loro vecchio sound ad un processo di affilamento e misura simile a quello avviato dagli statunitensi dopo “Scream Bloody Gore”. I Pestilence, tuttavia, possono contare su un frontman decisamente più barbaro e inquieto di Chuck Schuldiner: Martin van Drunen su “Consuming Impulse” è una vera e propria belva in preda a spasmi e le sue urla incendiarie diventeranno presto uno dei principali termini di paragone per chiunque voglia cimentarsi nello screaming su sonorità death metal. Il lato più classicamente thrash degli olandesi rimane dunque alla sbarra in quest’opera: le ispirazioni dei primi anni Ottanta vengono quasi del tutto rimpiazzate da un’urgenza narrativa e strutturale più efferata, in un forte legame con quelle tendenze estreme che in questo momento storico stanno iniziando a propagarsi nel mondo metal come un’epidemia. “Consuming Impulse” rappresenta insomma la prima vera dimostrazione dell’abilità dei Pestilence di manipolare al meglio tradizione e innovazione, istinto e raziocinio, collera e musicalità; tutto contribuisce a creare un humus compatto che si riflette in dieci canzoni di rarissima efficacia, ancora oggi in grado di mettere in ridicolo interi album di formazioni spesso considerate la quintessenza della brutalità.
Di seguito la copertina che il gruppo scelse per il disco. Il disegno venne però scartato all’ultimo minuto dalla Roadracer Records e sostituito da quello poi entrato nell’immaginario collettivo.