5.0
- Band: PESTILENCE
- Durata: 00:39:22
- Disponibile dal: 24/04/2011
- Etichetta:
- Mascot Records
- Distributore: Edel
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Per la seconda volta consecutiva, tanti sono gli album post reunion dei Pestilence, chi scrive ha l’ingrato compito di tartassare una delle proprie band preferite, una band formativa per coloro i quali hanno avuto la fortuna di avvicinarsi al metal estremo tra gli anni ottanta ed i novanta. Se il precedente “Resurrection Macabre” non brillava in quanto troppo piatto e monodirezionale, il nuovo “Doctrine” riesce a fallire nonostante Mameli e compagnia cerchino di recuperare perlomeno quelle velleità tecniche che li avevano contraddistinti in passato. Per fare questo è stato richiamato in formazione il grande Jeroen Paul Thesseling, già bassista su “Spheres” e, più recentemente con gli Obscura. A completare la line up troviamo lo storico chitarrista Patrick Uterwijk e la new entry Yuma Van Eekelen dietro le pelli, il cui contributo creativo è stato quasi pari allo zero assoluto. Tanta tecnica, quindi, coniugata con un certo modernismo che rimanda ai Fear Factory ed ai loro riff stoppati e compressi; peccato però che tutto questo ben di dio non sia sostenuto in alcun modo dal songwriting che rende la stragrande maggioranza dei brani quasi indistinguibili tra di loro e riesce nell’impresa di rendere noioso un album death (dei Pestilence peraltro!) che dura meno di quaranta minuti. Il problema in fondo è tutto qui: Mameli da anni non scrive più un brano veramente bello, denotando un calo artistico davvero preoccupante. Tutto questo viene alla luce in “Doctrine”, che contiene più filler che brani interessanti. Non fatevi ingannare dal fretless di Thesseling, peraltro sottoutilizzato, oppure dall’istrionismo chitarristico della coppia d’asce: la sostanza è che i riff sono riciclati dai Fear Factory o, nei passaggi più ingarbugliati, dai Meshuggah, la batteria è veloce e basta, senza un minimo di creatività e la voce di Mameli, non male sul precedente lavoro, è qui diventata di un’acidità quasi irritante a tratti. Da salvare ci sono la monolitica pesantezza dei riff di “Amgod”, il mid tempo massiccio di “Dissolve”, dove perlomeno vengono a galla alcune marcilenze degne del passato dei ragazzi, e “Sinister”, dove finalmente Van Eekelen mette in mostra un drumming pienamente convincente. Il resto, salvo alcuni giri di basso interessanti, sfocia nella noia più mortifera e profonda. A questo punto, dato che nel nord dell’Europa continentale sussiste ancora una sorta di welfare state, consigliamo a Mameli di fare domanda di prepensionamento presso il preposto ente olandese prima che sia troppo tardi, dato che album di una pochezza disarmante come “Doctrine” non sono semplicemente degni di essere accomunati ai capolavori del passato.