7.5
- Band: PESTILENCE
- Durata: 00:39:17
- Disponibile dal: 05/03/2018
- Etichetta:
- Hammerheart Records
- Distributore: Audioglobe
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Tra reunion, scioglimenti e più o meno repentini ripensamenti, i Pestilence hanno impiegato davvero tanti anni per uscire dalle secche di un’ispirazione in debito di ossigeno. Premessa vuole che, avendo la band di Patrick Mameli dato alle stampe album della caratura di “Consuming Impulse”, “Testimony of the Ancients” e “Spheres”, risulta a volte difficile valutarne con obiettività la successiva produzione. In quei dischi ogni brano era imbevuto di un estro e di una spontaneità irriducibili, mentre i lavori rilasciati dalla reunion del 2008 – a parte forse “Obsideo”, che oggi ci sentiamo di rivalutare – in più occasioni peccavano di pretestuosità e di scarsa omogeneità, come attraversati da una fastidiosa irrequietezza sottoposta alle scosse di ridondanti e superflui influssi meshugghiani. Questo ennesimo comeback fortunatamente riesce però a inviare numerosi segnali confortanti e a fare ben sperare per il prosieguo della carriera della death metal band di origine olandese. “Hadeon”, in effetti, non è affatto un cattivo album; anzi, al contrario, è pieno di buone canzoni techno-death la cui meccanica funziona a dovere sul piano della facile presa, soprattutto in rapporto alla prima parte, dove si concentra la maggiore qualità. Il suono in questo caso torna ai primi anni Novanta, aggrappato al periodo “Testimony…”/”Spheres”, ma la band per fortuna non finisce per dare la costante sensazione di volere a tutti i costi indossare abiti di un tempo, oggi divenuti troppo stretti. La registrazione, come spesso avviene in casa Pestilence, predilige la pulizia e sottolinea le dinamiche dei suoni che ricreano atmosfere stranianti; sul fronte riff, tuttavia, Mameli questa volta evita di impantanarsi in strutture farraginose o in capricci prog senza capo nè coda, dando finalmente la precedenza a impatto e agilità. I pezzi, spesso brevi, seguono quasi tutti il medesimo schema, con un attacco serrato seguito da un break più controllato, dal solito assolo di chitarra funambolico e da una coda sulle stesse coordinate aggressive dell’incipit. Il gruppo in questa occasione sembra comunque a suo agio in tutte le situazioni: riff portanti, improvvisazioni e interplay fra chitarra e sezione ritmica. Veramente notevoli episodi come “Multi Dimensional”, “Oversoul”, “Discarnate Entity” e “Manifestations”, ma tutto sommato non si rintraccia nessun vero calo di tensione, nonostante la suddetta ripetitività nelle strutture dia vita ad un’uniformità tale da livellare ogni possibile rilievo. A conti fatti, “Hadeon” cresce anzi con gli ascolti, dimostrandosi una valida rivisitazione di certo passato riproposta con una verve e una padronanza tali da non far sembrare ogni sforzo un vuoto lavoro nostalgico o, ancor peggio, una patetica ruffianata. Ben fatto, Mister Mameli.