7.5
- Band: PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS
- Durata: 00:39:21
- Disponibile dal: 01/09/2023
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Diversamente da Mikkey Dee, il quale si è costruito una terza parte di carriera con gli Scorpions, Phil Campbell, braccio destro di Lemmy “for thirty one miserable years” (come amava definirli il leggendario bassista inglese nel corso degli ultimi concerti), ha deciso di vestire ufficialmente i panni del buon padre di famiglia, accompagnando i suoi Bastard Sons in un progetto senza grandi pretese commerciali ma spinto essenzialmente dalla sana passione di suonare rock’n’roll; quella stessa devozione che, da sempre, aveva caratterizzato la sua band principale. I primi passi, compiuti a coverizzare le hit più famose dei Motörhead (lo fanno ancora, sia chiaro), seguiti dalla pubblicazione di due album ufficiali in cui, nonostante l’impegno profuso dai tre Campbell junior (Todd, Tyla e Dane) e dal cantante Neil Starr, si era palesemente manifestato un senso di immaturità generale, attutito parzialmente dalla professionalità di papà Phil. Era soprattutto il comparto vocale a destare maggiori incertezze: il timbro statico, asettico, quasi timoroso di Starr non riusciva infatti a dare il giusto impatto alla sezione strumentale, abbassando così l’atmosfera hard rock che ci si aspettava. Non tutto però era perduto, e il qui presente “Kings Of The Asylum”, il fatidico terzo disco, ce lo dimostra in grande stile.
E, guarda caso, il salto in avanti è coinciso con l’ingresso dietro al microfono di Joel Peters; più grintoso, sicuro e grezzo rispetto al collega, ha saputo incidere con maggior efficacia sulle liriche degli undici pezzi previsti. Brani che, a parte un paio di casi, risaltano per freschezza, robustezza e, soprattutto, varietà; elemento, quest’ultimo, sostanzialmente assente sia in “The Age of Absurdity”, sia in “We’re the Bastards”. La nuova fatica di Phil Campbell e figli, invece, spicca proprio per la sua globalità propositiva, portandoci del sano rock’n’roll, degli spunti blues, degli attacchi speed e pure dei classici pezzi di heavy classico, in grado di abbracciare il passato storico del genere con la vivacità dei giovani interpreti, tra i quali si insinua con mestiere il tocco alle sei corde del’ex Motörhead, autore di pregevoli assoli. Anzi, se vogliamo dirla tutta, con i dovuti paragoni del caso, sembra di ascoltare uno degli ultimi album partoriti dalle ‘teste di motore’ britanniche.
Scendendo brevemente nei dettagli dell’album, vanno sicuramente citate la roboante “Walking In Circles”, perfetta testimonianza della ‘maggiore età’ raggiunta dalla Campbell-family, “Strike The Match”, con il suo incedere da anthem in stile AC/DC, la title-track, ottimo esempio della passione viscerale per il blues da parte dello stesso Phil, “The Hunt”, dedicata a tutti gli amanti di Lemmy and Co. in modalità “Ace Of Spades” e “Maniac”, sporca e grondante punk rock al punto giusto; strano che, come singoli apripista, siano stati scelti due pezzi poco incisivi come “Hammer And Dance” e “Schizophrenia”. Poco male: questa volta possiamo tranquillamente dire che questo progetto, pur nella sua semplicità, ha preso forma e qualità, confermando ancora una volta le capacità, non sempre riconosciute, del mitico Wizzö.